Marketing Virale e Antibiotici Commerciali

[Parto di una decisione irrevocabile]

Ore 9.00: causa pioggia torrenziale, la maggior parte dei dirigenti è ancora infossata nella pelle di vacca delle ammiraglie, intorpidita dall’ascolto di Radio 24. I comuni mortali, bagnati come pulcini, si consolano con il venerabile caffè della macchinetta. L’attesa è stemperata da aneddoti e racconti su Malgioglio sull’Isola, che nessuno guarda, ma di cui tutti sono informatissimi. Per pura cronaca, durante questa lunga attesa partorisco otto disegni differenti uniti dal tema "Ti faccio l’amore da dietro durante la guerra in un paesaggio campestre". Il tutto su carta intestata aziendale. Alle ore 11 ha inizio la riunione. Scopo del tutto è portare l’illuminato managment a una decisione in merito a un argomento. Rimanere sul vago è obbligatorio, perchè quasi nessuno sa di che cosa si stia parlando esattamente. Numerose telefonate di mogli/amanti/figlie, isteriche per la pioggia, scandiscono le noiosissime presentazioni.

Ore 14.00: La seconda trance inizia sotto i migliori auspici. Sono tutti presi nel delicato processo digestivo, anche perchè in mensa è stata servita la rinomata Pizza con le Acciughe, meglio conosciuta come L’Ammazza Creatività. Il freddo polare tiene svegli i pochi che devono parlare, per gli altri si tratta di una dura battaglia con la catalessi. Inizia il teatrino delle finte telefonate, con cui piano piano spariscono tutti. Essenziale non è la suoneria, ma rispondere in inglese e corrucciare la fronte. Alle 15.12 la sala conta i supestiti. Vengono chiamate le segretarie per un breve ma sentito coffè break. Ore 15.22, ricominciando, i massimi vertici decidono che il tutto deve avere fine entro e non oltre le 16.00.

Ore 16.30: il limite improrogabile viene fatto slittare. Compaiono in sala alcuni membri del Pollaio, attratti dal cattering. Le cose si mettono meglio quando prende la parola uno dei due che sa di cosa si stia parlando. Si stanno delineando a grandi linee alcune ipotesi. Questa frase ricorre troppo frequentemente. Uno dei supremi e illuminati leader confonde la mia influenza intestinale con il marketing virale, di conseguenza vengo prontamente chiamato in causa. Ignorando il tema della riunione uso la vecchia tecnica universitaria, dedicando importanti supercazzole condite con alcuni termini come forecast, improvement, guerrilla, promotional emotions. Come i messaggi subliminali nei dischi di Zucchero, la mia breve ma sentita piece ha l’effetto desiderato, e la platea si convince di una cosa: è necessario prorogare il tempo per questo argomento. Vengono richiamate le odalische con il caffè. Chiamata di Davide in cui un breve scambio di frasi tipo "puttanella" "brutta stronza" e "ti faccio l’amore da dietro" quasi non sveglia il mio vicino di poltrona. Il pericolo è sempre dietro l’angolo.

Ore 18.00: piove, e tutti hanno paura delle brutte conseguenze sulle tangenziali. Nessuno ha il coraggio di darci un taglio. Solo il Preside ha il diritto di farlo, ma dorme profondamente affossato nella sedia di pelle dalle 14.20. Un provvidenziale comunicato stampa viene trasportato direttamente nelle mani della Dottoressa Fussenbauer, che cade in un lutto profondo. Il momento drammatico è l’occasione ideale per una fuga veloce. Sono uno degli ultimi, perchè sto scrivendo questo pezzo. Il Preside scambia questo gesto per la mia consueta partecipazione alla vita aziendale e mi chiede di mettere on line gli appunti presi. Siamo punto e a capo. Cito un paio di massime mai sentite (L’attenzione è l’amore del business – i migliori non ricordano, sapevano già) e confermo che tutto sarà pronto per domani mattina. Perchè il tutto ricomincerà, per un tranquillo venerdì di paura. Il Preside si dice affascinato di questo marketing virale e mi chiede perchè non possa funzionare nel progetto. Rispondo incolpando i commerciali, che come antibiotici uccidono il marketing virale. Apprezza talmente tanto la battuta che sembra davvero averla capita. Forse in un paio di bienni avrò un aumento.

Ore 18.20: riesco a recuperare quasi tutti i miei disegni, alcuni sono stati delicatamente colorati di rosso e blu, su altri sono comparsi immondi scarabocchi. Ritrovo anche degli appunti di uno stagista. Sono scritti molto bene, sono chiari, e alcune volte riportano delle opinioni personali decisamente intelligenti. E’ chiaro che il ragazzo non verrà riconfermato. Una persona così intelligente e partecipativa potrebbe minare il delicato ecosistema di scaldapoltrone. Sull’agenda di Outlook mi segno: "Parlare a stagista intelligente". Mi limiterò a avvisarlo. Tutti eravamo intelligenti una volta. E’ la natura umana che permette di usare solo i muscoli che servono.

Bonshi Bonshi Oh Oh Oh

Il baffetto impomatato hitleriano e la scarpa lucida e nera riportano all’ordine il caos imposto dalla camicia con improbabili disegni equestri. Un accenno di pancia smorzato dall’andatura marziale e quella sigaretta stretta tra le dita curate che giustifica la voce baritonale e l’olezzo di bruciato. Denti inaspettatamente bianchi, che si rincorrono su due rette parallele sedute sulle labbra strette abituate a parlare per frasi fatte e deduzioni irrilevanti. Porta un orologio d’oro con i numeri romani, il quadrante rettangolare e il cinturino largo; la fede al dito e due occhi neri senza fondo che corrono a destra e a sinistra, cercando consensi. E’ accompagnato da una piccola donna, i capelli molto lunghi, castani, imponenti, che ha un non so che di anoressico. Infilata in un gessato adatto più a un funerale di novembre, si copre con un paio di occhiali da sole e tiene stretta la borsa di pelle rossa. I due si muovono in simbiosi, conoscono i gesti che ripetono da tempo, non c’è nessuna passione, nessuna partecipazione, nessun improvviso cambio di tono. Con un distacco elogiabile snocciolano il discorso come due lettori di numeri del lotto. La sala riunioni ascolta, mancano una manciata di ore alle ferie, nessuno prende appunti. Nessuna domanda, nessuno che ha voglia di costruire ipotesi in inglese per ricevere risposte preconfezionate e già conosciute. Li guardo risalire sul taxi che li ha portati qui, con gesti lenti e accaldati. Lei guarda fuori dal finestrino mentre lui armeggia nella grande borsa di neoprene e tela nella quale è chiusa una vita di abitudini e noia. Gli occhiali da sole riflettono la facciata della grande fabbrica, nessuno saluta. In due ore saranno a casa, per un tranquillo giovedì pomeriggio di terrore apatico.
Quando vedo questa gente, figli riconoscenti del business masterizzato, non posso evitare di osservare a fondo.
Quasi avido, mi servo del loro squallore per crearmi un monito personale. Chissà in quale giorno ti svegli e sei passato dall’altra parte. Chissà dopo quanti mesi passati a non toccare tua moglie ti può venire in mente. E dopo quanti stipendi a cinque zeri ti accorgi di avere ancora bisogno di sentirti povero. Forse, mentre ti lucidi le scarpe, con la maniacale aspirazione alla cancellazione mondiale della polvere, un dubbio si insinua sotto i capelli perfettamente riportati a destra. Da quanti anni non leggi un libro tirando mattina per arrivare alla fine? Da quanti secoli non arrivi tardi al lavoro per sorprendere tua moglie e ritrovarti a fare l’amore in corridoio con la porta già aperta? Quanti assegni sono passati da quella macchina che ti eri comprato dissanguando i risparmi e che non superava nemmeno le biciclette? Decine di metri quadrati fa, lo spazio ti sembrava una questione di impressioni. Due puttane prima dell’ultima sentivi ancora la voglia di non farlo. E poi ti ritrovi su un taxi, con la tua versione femminile che ha le ovaie rigonfie di rancore e il terrore che un tumore al seno le scompigli il decolté. Non caga da due settimane, piena di bifidus e batteri intestinali, e non ricorda nemmeno come sia fatto un uomo.  E per non farti nessuna domanda, guardi il tassametro salire lento e inarrestabile.
 
Io quel tassametro lo tengo stretto, lo guardo annunciare il prezzo da pagare, che è sempre un po’ più alto. Ho una cifra in testa, poi faccio fermare la corsa. Perché vedo il prezzo che stai pagando tu.

Onion Rings al Mc Drive e altri incubi metropolitani

 

Qui si affrontano tematiche di un certo spessore. Addirittura abbiamo sospettato per qualche istante di essere un sito intelligente, ma la tesi è stata subitamente accantonata per un più frizzante e definitivo: siamo un blog molto trendy. Dico siamo per due ragioni. Primariamente perchè sono abitato da diversi anni da numerosi nani, che siedono nel Gran Consiglio del mio Cervello, secondariamente perchè questo posto non esisterebbe se non per i grandi personaggi che lo popolano. Nel caso specifico oggi vantiamo due importantissimi nuovi acquisti: il cugino indiano di Olmo (c’è fantasia, tra di noiii) e il sosia di Ronald Mc Donald. Entrambi sono frutto delle illuminate visioni della Dottoressa Fussenbauer, che nell’etica multirazziale fonda il suo credo fascista. Il cugino indiano di Olmo ha un nome impronunciabile, un pronunciato odore di cipolla soffritta e sudore da Gattuso al 90′; veste molto casual, se la canotta può essere considerata casual, e parla un minimo inglese fatto di frasi tronche che termina sempre con ampi sorrisi. Il suo ruolo non è ancora ben definito, anche se tutti sanno che lo teniamo solo per avere un negro tra le nostre fila e poterlo dire in giro.

Preside: " Eh, poi non abbiamo assunto anche un giovane e promettente indiano. Siamo o non siamo politically correct?"

Amministratore Delegato della Concorrenza:" Beh, devo ammettere che siete avanti: noi al massimo assumiamo due o tre veneti all’anno, con tutte le problematiche che comportano".

Secondo AD di una terza società: " Ma non sporcano?"

ADC:"Cosa? I veneti?"

SADTS:"Eh. Ho sentito che sono anche pericolosi".

P:"Ma fatevi un indiano,ragazzi. E’ il trend dell’anno"

La sua imponente capigliatura nero corvino stride con il piccolo corpo agile e scattante, anche se il bananone ha sempre il suo porco perchè. Il suo fascino non sfugge alle giovani galline, che in piccoli capannelli fantasticano sul kamasutra. Affabile, gentile, educato e simpatico, anche se fisicamente non fa nulla è contemplato tra i costi d’arredamento. Al solito, durante un pranzo di cordialità tra colleghi, nel quale lo ho visto con i miei occhi mangiare gli spaghetti con la maionese, abbiamo riflettuto a fondo sul problema della povertà in India, concludendo che un paio di sacchetti di vestiti usati sarebbero stati più che sufficienti per liberarci la coscienza. Io ho contribuito con una vecchia maglietta aziendale, che mi era già arrivata di seconda mano. E sono diversi giorni che lo vedo saltellare in giro con la mia maglietta. Non avremmo risolto il problema della povertà in India, ma abbiamo risolto almeno in parte il problema della pestilenziale ascella indiana in Italia.

Il sosia di Ronald Mc. Donald è, giustappunto, il sosia di Ronald Mc. Donald. Essendo centro europeo si sente autorizzato a vestire tutti i capi d’abbigliamento più improbabili che reperisce sul mercato. La tenuta di oggi prevede: sandalo Brikkenstock verde, pantalone di tela a scacchi gialli e verdi, ampia camicia di lino con scollo a V e cordini stile rivoluzionario zapatista. Quello che suscita la mia ammirazione è il connubio tra una lucida pelata centrale e un ostinato riccio laterale, lasciato crescere in sfida ai luoghi comuni. E’ un creativo, e come tale segue una ferrea vita fatta di un paio d’ore d’ufficio e tonnellate di canne fino a stordirsi. Un fastidioso inconveniente lo ha bloccato al Mc Donald di Corso Venezia, dove hanno iniziato a farsi le foto con lui e un dipendente filippino gli ha chiesto anche l’autografo sulla schiena. Il suo inglese prevede un vocabolario ricco di parolacce e termini cool: probabilmente un pizzaiolo italo-americano di Little Italy parla meglio. Rimarrà con noi fino al definitivo passaggio della legge sul Circo, poi lo dovremo ridare a qualche associazione animalista.

Per non saper ne leggere ne tantomeno scrivere, mi porto in giro il cugino indiano di Olmo, che funge da dissuasore mobile per gli importunatori da corridoio, terrorizzati dal funesto odore. Non trovo nessu utilizzo per Ronald, ma confido nel tempo che passa a rallentatore

Gotta Cathc’em All, Shitty Bastards

Giro con una bottiglia di the freddo al limone marca scadente, sapore approssimativamente molto vicino allo Svelto Sgrassa e Profuma, come fosse la mia coperta di Linus. E’ un tranquillo venerdì di paura, qui sul fronte occidentale. Del luglio umido impossibile con cui siamo cresciuti non c’è più traccia alcuna. Un fresco sole primaverile, qualche nuvola, e due cristiani che asfaltano un metro di strada chiusa dove nessuno mai passerà. Ogni tanto tiro una succhiata meccanica alla bottiglietta, l’attesa mi consuma più del cambiamento. Irreale silenzio interrotto dal picchiettare sulle tastiere, il Pollaio è dimezzato dalle ferie, dai week end lunghi e dalle settimane corte. Contro ogni aspettativa, ci sono discrete possibilità di arrivare vivi a domani per molti di noi. Arrotolo il tabacco nella cartina rimanendo incollato alla finestra, come una vecchietta che aspetta. La dottoressa Fussenbauer mi passa di fianco, con un improbabile sandaletto hippy che rivela la caviglia da maiale d’allevamento. I piedi delle donne sono uno dei miei principali problemi estivi. Calli, unghie dipinte di colori degni di puttane grasse di provincia, caviglie grosse e gonfiate dalla pillola, cerottini, dita mozze, un campionario incredibile del brutto che offende. Profuma di Conad, di qualche profumo troppo fruttato per essere buono. Non riesco a capire che frutto sia, ma ricorda i locali dove si balla latino americano e si bevono miscugli preparati da baristi che del sudamerica hanno visto solo il Valtur Costa Real. Passion fruit, mango, forse. Urtante, come il latino-americano. Mi saluta e ricambio, sempre incollato al vetro. Ciuccio ancora un sorso di Svelto al Limone, accendo la sigaretta. Sembro un padre fuori da una sala parto, solo che non è la mia creatura. Quando succederà sono certo di svenire piangendo con largo anticipo. Passano due misteriosi ingegneri americani che parlano perennemente sottovoce tra di loro. Nella loro settimana di permaneza mi sono convinto che si tratti di una coppia di ispettori della Polizia di Orlando. Mi stanno cercando per quell’inversione che ho fatto su International Drive da Hawaiian Court. Maledetti, non mi avranno. Tanto per iniziare, è tutta la settimana che non li saluto nemmeno. Non do corda al nemico. Uno dei due mi rivolge un cenno col capo, e bofonchia qualcosa che assomiglia a un hallo stirato. Ha la voce di Harrison Ford, i capelli di Tom Cruise, la pancia del Travolta post Tarantino. Non rispondo, tengo la linea dura. Entrano nella Sala Del Ballo. Finisco nervosamente la sigaretta. La spegno con la punta della scarpa. Non sono lucide. Prendo un angolo della tenda e ce lo passo sopra. Mi metto a posto nervosamente i capelli. Tiro un sorso di the. Diventando caldo migliora, derivando verso un definito sapore di liquido per i vetri. Mi chiamano, tocca a me. Sarebbe toccato a lui, ma è allergico alle figure di merda. Perchè di questo si tratta: stiamo preparandoci per una figura di merda da servire su un piatto d’argento al misterioso Auditor. Costruisco un sorriso sufficientemente cordiale, riporto la pancia in sede, infilo la camicia nei pantaloni. Un grande sospiro e via.

Gli Auditors, di due si tratta, mi guardano. Ricambio gentilmente. Mi consola non averli salutati ostentando maleducazione. Il confine tra una tranquilla figura di merda e una sonora inculata è tutto in quei saluti negati. Sicchè non siete vigili urbani americani. Beh, poco cambia, a me stanno sul cazzo gli americani in genere.

Appoggio la bottiglietta di the freddo in fondo al tavolo, mentre mi trascino verso lo schermo del proiettore. Non ho bisogno più della rassicurante plastica. Avrò invece bisogno di molto rhum. Un dollaro per ogni figura di merda e Zio Paperone mi chiederebbe un prestito.

Tonite Lawyer Party, festeggiamo la Fede, che in quanto bionda è già un successo che sia arrivata fin qui. Forse sarà presente anche l’Ambasciatore.

Malaussene Mio Maestro

Per una parte dei miei lettori abituali ( per lettore abituale intendo colui legge abitualmente, ma senza abituarsi mai) sono cinico. In un mondo che, (du du ah) non ci vuole più, noi cinici siamo sempre più costretti ad ammettere che talvolta siamo cinici. Ma io, che sono cinico sensibile, desidero raccogliere la critica e maturare un cambiamento, e lo faccio prevalentemente per poter scrivere frasi del genere. E inizio a vedere il mondo in modo diverso. Anzi, sto già meglio. Ordunque, non dovrei nemmeno accennare al fatto che solitamente a quest’ora si è soliti desinare, o raccogliersi in genere attorno al focolare domestico mentre la bocca domastica. Mastica   zzi, invece no.  Un’onta terribile si ammorba da qualche giorno sulla Ridente Multinazionale: manca una manciata di ore alla fine del mese, e  dal Pollaio provengono brutte nuove. Alcuni vociferano che non si raggiungerà il fatturato, ma poi si mettono subito le mani alla bocca rendendosi conto della pericolosa bestemmia e pregando che i microfoni ambientali non riportino la loro orrenda frase al Grande Fratello in Persona, la Dottoressa Fussenbauer. Nella riunione che si aprirà fra qualche minuto ho un ruolo nevralgico, il Capro Espiatorio. Saranno presenti alla cerimonia di incaprettamento tutti gli over 50, intesi come over 50mila di ral annua, che già si aggirano per i corridoi. Seguendo una equazione tutta italiana, quando qualcosa va bene è strettamente merito del reparto commerciale, e quando qualcosa va male si può passare alla sodomia del Marketing. In qualità di Capro Espiatorio ho diritto a un ultimo desiderio, prima che il Boia mi porti sul patibolo e mi uccida a colpi di proiettore e flip chart. Dei mei resti si potranno donare alcuni organi vitali, come il laptop e il cellulare aziendale, da trapiantare su qualche petulante richiedente. A decidere il verdetto è il Preside, che imballato nelle carte preparate dal Saliva, manegga abilmente dati di mercato proiettati fino al 2035, senza rendersi conto che lui per quella data sarà già da un pezzo sotto terra. Nel caso la corte opti per una condanna esemplare, verranno invitati tutti gli stagisti davanti al patibolo, e in videoconferenza verrà trasmesso alle filiali commerciali di tutto il mondo il mio filmato. Due interinali reggono le catene che mi avvolgono. La grazia, richiesta dal mio avvocato difensore, nella persona di me stesso, è quasi impossibile. Al Jaazera sta già mandando il filmato della mia esecuzione, rivendicata da un gruppo Salafita Capitalista degli Imprenditori Brianzoli. Tutto mi sembra così positivo, che mi è quasi impossibile essere cinico. Anzi, ci provo gusto, e desidero arrivare al fatidico momento completamente impreparato, per calarmi ancor meglio nella parte. Sarebbe cinico riflettere sul delicato aspetto riguardante il doveroso quesito: "ma perchè il mio culo e non quello del mio capo?". E sarebbe cinico sottolineare che il mio capo è misteriosamente scomparso da oggi pomeriggio. Anche troppo cinico dire che è impossibile derivare alcuna responsabilità nelle mie azioni se la masnada di decerebrati ha tre cose in testa: mettere la moglie in ferie, tradire la moglie che è in ferie, andare dalla moglie in ferie. Sono cambiato, sono meno cinico, speriamo che faccia meno male.

 

Amore mio, questa sera arrivo a Belville un po’ tardi. Piscia il cane e scendi la monnezza da sola.

Dalle ceneri de Lo Ignorante

Tutto cade a pennello, in questo lunedì di nuvole sui pensieri. Reduce da un matrimonio brianzolo in cui affettati ospiti hanno lasciato il segno nella mia memoria descrittiva, ero deciso a scrivere il mio riassuntino in spietato omaggio al sempreverde Baricco. Scrivere come Baricco non deve essere facile. Nemmeno essere Baricco deve essere facile. Emozionarsi per ogni cosa, descriverla con un cantico appassionato, una punteggiatura massacrante e rivestire tutto con il tocco del Sommo Narratore è esercizio quantomai ostico.

"guarda", disse Emily mentre mordeva il labbro superiore, rosso e gonfio d’emozione. "che cosa?" risposte Giancarlo, nel pallore delle emozioni tardive che lo scuotevano ogni volta alla vista di Emily e del suo labbro, che tanto ricordava l’Amore quanto spiegava la Passione. "Il Gattino che mi hai regalato" rispose Emily, passandosi un dito sul labbro inferiore. "Herbert Lemon Primo? Che fa’?" incalza Giancarlo. "Vomita l’erba gatta, insieme a palline di pelo, sulla tua collezione di "Donne e Motori", in special modo sul maxi poster interno in cui una maggiorata siede su una custom lucida e fallica". "Oh", rispose Giancarlo, "mi ricorda l’amore e l’oceano, il mare e la speranza, ma anche la campagna e gli ulivi".

 Purtroppo il mio progetto narrativo è stato stroncato in gran carriera dalla calata de Lo Ignorante e di Julia. Più precisamente, ieri nel pieno di un ameno aperitivo in un famoso locale che produce addii al nubilato, precoci tradimenti latinoamericani con torte a forma di cazzo e amiche ubriache in bagno a vomitare, ho assistito all’epifania dell’ Idealista. Dalle ceneri de Lo Ignorante, trasformato e migliorato dalla vita londinese, è nato un uomo migliore, più forte, deciso, che non deve chiedere mai, un uomo che sa come ottenere, bastone e carota, macho con stile. Un uomo da calendario. Lo Ignorante è cambiato. Da questo momento non lo chiameremo più Lo Ignorante. Perchè colui che ieri ha presenziato con noi è un uomo nuovo. Lo Idealista. Lo Idealista mi accusa, con peripezie verbali degne della sua laurea in psicologia, di eccessivo cinismo nel trattare tematiche si tanto importanti come quelle lavorative. Dalla sua camicia si sprigiona deodorante Oviesse, profumo fruttato che non copre il sudore ma lo incita a invadere l’ambiente, dal suo viso rifulge la forza interiore e la decisione di un Uomo Nuovo e Superiore, barba incolta sexy ma decisa, sguardo perso nel domani che lui conosce. Lo Idealista crede nella forza dell’azienda, è deciso collaboratore del miglioramento, non cede al pessimismo, proclama la forza di ogni singolo individuo come parte di un corpo, la azienda, che si muove in armonia, migliorando nel suo insieme. Lo Idealista critica il mio cinico modo di vedere le cose, perchè "un cambiamento è possibile". Io sono per questo genere di cose, perchè sotto la corteccia cinica e disillusa pulsa ancora il cuore della rivoluzione liceale, a colpi di cortei e camporelle. Avanti, generazione settanta ottanta voglia di.sco party, dimostriamo al mondo che noi stiamo con Lo Idealista. Io, caro Luca, sono con te, sono anzi più di te. Non mi spezzerò mai alle logiche, ma mi piego quotidianamente alla calcolatrice. Nessuna poesia, nel vedere quarantenni ossessionati dal successo che negano la nostra forza. Nessuna malizia nello scoprire che, logica perversa, il mantenimento dell’orticello non fa arrivare acqua al campo. Siamo in ritardo di una generazione, quella post BR, fenomeni da baraccone che votano progressista e fanno i capannelli di Rifondazione per poi tornare alla loro settimana in cui ogni sforzo è mirato alla preservazione del piccolo guadagno. Disillusione a tasso zero, che non significa che hai torto, anzi. Ma c’è un tempo per le battaglie e un tempo per la guerriglia. Oggi si combatte senza piazze, senza bombe, senza bandiere. Io ho scelto. Aspetto di ritrovarti, fra vent’anni, per trovarmi ancora d’accordo con te.

Breve Biografia de Lo Idealista.

Lo Idealista ha condotto da sempre una esistenza dedicata ai meno fortunati, stando accanto a Krine e occupandosi della sua integrazione nella società. Ha studiato psicologia, confermando che tutti i deviati intraprendono quel percorso accademico, decidendo poi di trasferirsi per ammmmore sul suolo inglese. La dimostrazione dell’attrazzione per la differenza è Julia, compagna bella e intelligente che siede al suo fianco instancabile. Lo Idelista riceve la folgorazione in una notte londinese, in cui l’angelo Gabriele in sogno gli comunica che per pagarsi l’affitto deve occupare le sue giornate con un lavoro. Da quel momento, abbandonado le spoglie de Lo Ignorante, pratica incessantemente la nobile arte del lavoro temporaneo, pagando il dazio dell’immigrato su suolo ostile. Grazie a un inglese fluente, che gli permette di ordinare un caffè macchiato, il suo profilo è sempre più ricercato dalle aziende nostrane. Presto ritornerà, e con due mesi di mutuo+assicurazione+esselunga, annacquerà il suo idealismo con un sorso del pregiato Cinismo Franz.

Colloquium Vitae

Carissima GR,

mi permetto di scriverti anche se ci conosceremo per la prima volta solo domani. Adoro gli appuntamenti al buio.  Nel nostro caso si tratta di un colloquio di lavoro. (ma certo attenta lettrice, se domani alle tre hai un colloquio e le tue iniziali sono GR, puoi iniziare ad urlare "carrammmmmba"). Ti stimo a priori per il semplice fatto di avere passato indenne la prima selezione della Dottoressa Fussenbauer. In quanto donna rappresenti per lei il male competitivo, e come tale, merito della poltrona che il suo culo di legno occupa, puoi essere eliminata ancora prima di esistere. Invece sei arrivata fin qui, esemplare studentessa, brillante laureata, piena di hobby e interessi. Che palle! Piuttosto, credo sia necessario precisarti che la mia presenza sarà didascalica. Considerami pure un putto d’arredamento. Pensavo di venire vestito solo di un panno di lino bianco, e sdraiarmi sulla cassettiera con in una mano dell’uva e nell’altra una pergamena.

Avrebbe dovuto esserci il tuo futuro capo, che desiderava tanto una donna nel suo staff. Una questione di pari opportunità. Abbiamo già comprato alcuni extracomunitari (sai com’è ne prendi un gommone e te ne scappano metà prima di rinchiuderli in azienda), vantiamo un consistente numero di handicappati (manager esclusi), ma siamo parecchio carenti sul lato rosa del mondo. Entro la fine dell’anno un’allevatore ci ha detto che forse riesce a procurarci un trans segretaria. Amenità a parte, ti confido che in qualità del sostituto del sommo Capo sarò costretto a farti domande molto stupide, le cui risposte scontate non interessano a nessuno. La reale lista di domande da farti sarebbe: giuri che non romperai i coglioni con mal di testa, malattie, nervosismo e fidanzati fedifraghi? (ripeti: Lo Giuro!) Giuri che non rimarrai incinta in nessun caso? (Ripeti: Lo Giuro!) Giuri che cercherai di farci pesare il meno possibile il fatto che siamo tutti maschi, facciamo battute da caserma e c’è anche una piccola gara di rutti il venerdì che c’è la pizza con la coca? (Ripeti: Lo Giuro!). Orbene, dato che queste cose non si possono chiedere mi limiterò a recitare le domande che mi sono state mandate. Ti prego solo di considerare che tu, e solo tu, stai chiedendo di venire a lavorare con noi. Tocca tutti i muri, guarda i bagni, assaggià il caffè, squadra i colleghi, perchè ci passerai una vita qui dentro. Se sei convinta sappi che io rappresento un ostacolo passivo. La Dottoressa Fussenbauer ti reputa idonea, pertanto deduco tu sia bruttissima. Subirai domande in inglese, francese e spagnolo (sei tu che hai millantato due anni di Erasmus in Spagna. Due anni? Avrai limonato con mezza popolazione). Il francesce e lo spagnolo della Dottoressa Fussenbauer non le permetterebbero di salutare un bambino, quindi probabilmente non capirai la domanda. Abbozza comunque una risposta. Nessuno ti parlerà mai in spagnolo, e ho informazioni che danno il francese estinto. Ti chiederemo se sei disposta a viaggiare, a stare fuori casa, a lavorare tutta la vita attaccata la computer come se fosse un moderno catetere (invecchiando devi ricordarti di non pisciare nella tastiera). Tu risponderai appassionata. Fra un anno ti rifarò la domanda, e mi manderai a cagare (ammesso che tu sia ancora in azienda). Sarai in una bolla di entusiasmo, grazie anche alle ridenti prospettive che la Dottoressa Fussenbauer ti disegnerà con le sue dita asciutte e lo smalto bordeaux. Grazie a questo ti faremo digerire uno stipendio appena sufficiente per comprare le sigarette e un po’ di pane. Tu ti prenderai una settimana per rifletterci, io ti avrò dimenticata, finchè non ti ritroverò nel Pollaio, primo esempio di Donna Commerciale, con le occhiaie scavate per la Milano-Meda a 10km/h. Fammi solo un piacere, sii concisa, perchè il Putto Ornamentale deve fare un sacco di cose domani.

Ascoltati Colloquium Vitae (Gazzè&Mao).

dieci davanti venti dietro trenta di fianco

Io ho un prezzo. Come tutte le puttane, costo. Le mie prestazioni richiedono studio e una innata propensione naturale. Le mie notti nelle più squallide periferie del mondo, le interminabili giornate che passo in manciate di aeroporti,  le lunghe cene spossanti. Tutto ha un prezzo. Hanno un prezzo le mie parole, ha un prezzo la mia presenza. Sono una voce di costo nel tuo bilancio, ripago il tutto motivando squallidi orgogli che consumano aumenti a due zeri e station wagon sempre più accessoriate, gonfiando con leggerezza le malate conclusioni sparate da qualche MBA come te, che non ha mai messo il culo fuori dal suo ufficio in centro a Londra e predica progresso e economie di scala. Ti piace da morire il mio “sporcarmi le mani” insieme a operai e allestitori. Ami sapere che il tuo nome è onorato da uno stand prefabbricato dall’altra parte del mondo mentre spogli la tua puttana in un motel sulla tangenziale.  Ti piace il mio senso dello spazio, il mio modo di starti alle spalle quando arrivano applausi e congratulazioni. E paghi il prezzo di queste piccole cose, apprezzando l’innata propensione della tua piccola puttana. Io ho la percezione esatta di quanto possa valere la mia quotidiana marchetta. Dietro alle battute, al sarcasmo e al naso rosso che metto la mattina, c’è la puttana calcolatrice. Mi chiedi docilità, silenzio, collaborazione. Mi supero dandoti anche il mio tempo.   Ho smesso di odiarla, la generazione che con te ingrassa e sgomma dentro mostruosi SUV. L’odio è la forma più innocua di perversione, benzina che si spegne ad ogni busta paga. Ridicola come la tua fede che ti fa sedere nelle prime panche alla domenica, la rabbia è innocua. Lavoro da quando i miei amici riempivano i chiostri delle università che oggi vomitano brillanti neo laureati in gabbie con sbarre interinali e piastrellate di stage. Ho retto gli sguardi dubbiosi di mestruate braccia del moderno recruiting, ho sempre scelto la cosa più difficile. Tutto ha un prezzo, ascisse e ordinate di un grafico impazzito descrivono il mio in netto aumento. So di poter chiedere, ma non basta.  Chiedo molto di più, chiedo conoscenza, dottrina, sapere. Tutto ha un prezzo, lo dicono le tue occhiaie scavate e le urla di tua moglie che perforano il telefonino slim. E’ il modo in cui mi chiedi quello che sai di non poter avere che mi lascia perplesso.
Sai che, come tutte le puttane, non posso darti una sola cosa. E di colpo ti rendi conto di quanto potrebbe essere preziosa. Rimane l’unico articolo fuori prezzo, non quotato. Provi a comprarmi, come mi hai insegnato a fare. Provi l’effetto che fanno nella tua bocca parole troppo lontane dalla tua cravatta firmata. Che strano suono, mutuo, rate, spese. Sembra quasi ti faccia impressione ricordare di colpo le tue origini. Non ti preoccupare, con cento euro e due grammi puoi correre più veloce del tuo passato. E ti ritrovi nel dubbio fragile dell’impotenza. Puoi pagare tutto, calcolando costi e ricavi. Ma non puoi dare un prezzo alla mia fedeltà. Nessuna puttana è mai stata fedele. Questo ti aveva affascinato di me. Questo ti terrorizza.
 
In risposta alla tua richiesta di chiarimento per quel misterioso sorriso sulla mia faccia mentre recitavi il tuo rosario di fatturato e ricavi.  
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Il fascino della divisa

Sala riunioni gremita, rumore di pioggia battente, sguardi depressi, silenzio tombale interrotto dalle scadenziate dichiarazioni di guerra del Preside. Con buone probabilità ieri sera ha provato ad approcciare la moglie, ricevendo un secco rifiuto. Pertanto è deciso a penetrare il mercato, surrogato eccitante o palliativo motivante. Solitamente io esco da queste riunioni con un pacco di biglietti aerei, economy e trombosi, e molte aspettative dal gruppo. Attendo la mia condanna al pasto liofilizzato e al film con sottotitoli  tentando di collegarmi alle previsioni meteo. Dicono che la Liguria affondi sotto metri d’acqua, forse ci sono discrete possibilità di tirarne fuori una surfata. Nel torpore generale, il Preside ha già conquistato virtualmente tutti i mercati. Usa smodatamente la parola "penetrare", vendetta infima sulla frigida consorte. La immagino serenamente sdraiata nel letto, dopo una terribile scopata con il salumiere. Qualcuno tira fuori la polverosa questione del marketing. Che palle, rimbalzando, la grande Domanda arriverà da me. Una stagista nuova, in forza al Pollaio, se ne esce candidamente con l’espressione "marketing virale". In effetti ha estremamente bisogno di dimostrare alla Ridente Multinazionale la sua intelligenza. Il Preside la invita a spiegare. Lei prende coraggio, si alza, addirittura gesticola. Sono costretto a distrarmi proprio quando stavo aprendo la pagina sul quadrante ligure. La sua camicia aderente, i suoi orecchini ad anello, i suoi capelli legati, i suoi jeans scoloriti, i tacchi bassi, tutto comunica. Si potrebbe scrivere un saggio sulla comunicazione non verbale. Mi mancano due parametri fondamentali di giudizio: non riesco a vedere se è una felice portatrice di Tauaggio Tribale Sopra il Culo, e non riesco a capire da quale illuminante ateneo provenga tanta cultura. Il Preside mi guarda. Hitler ha trovato la sua giovane Rommel. E io, che al massimo posso emulare l’italiano in orbace, devo incassare. La riunione finisce nel solito chiacchericcio postumo. Mi defilo per una sigaretta e al mio ritorno vengo invitato nella Stanza Dei Bottoni. Il Preside affonda nella sua poltrona presidenziale. Mi invita a utilizzare l’inginocchiatoio davanti alla sua scrivania. Mira a sapere quanto io sia ferrato sul marketing virale. Eseguo una lenta supercazzola monocorde, cercando di utilizzare il più possibile termini come: mercato verticale, attenzione al canale, azioni correttive, analisi di prodotto, misure di contenimento della concorrenza. L’effetto sperato è presto raggiunto. Le mie parole, come benzodiazepine, placano l’ansia suprema, tutto ritorna sotto controllo. Mi guadagno un tour guidato negli States, come preventivato. Del marketing virale non rimane traccia, se non in qualche minuta che affonderà negli archivi aziendali insieme ad altre intuizioni geniali.

Il Pollaio è in piena attività. E’ venerdì, si chiude il mese. Trovo la colpevole attaccata al computer. Mi complimento per la proposta, la invito a spiegarsi meglio, le caldeggio di essere sempre propositiva e le infondo molta fiducia sulla sua assunzione. Noi giovani dobbiamo essere propositivi, costruttivi, ideatori, sperimentatori. Lei è felice, sorride con gli occhi. Ho reso felice una donna, probabilmente con il tatuaggio tribale sopra il culo. Ho tranquillizzato i vertici aziendali, che possono tornare a sognare lo sbarco in Cina. E io posso serenamente tornare a pianificare la mia surfata. Arrivare a sabato non è così scontato quando la moglie del tuo capo ha scelto la mortadella al posto della solita, piccola, infame, minestrina riscaldata.

La Trinità Onniscente

Martedì, ore nove, non un minuto di meno non un minuto di più: La Trinità non è ne in ritardo ne in anticipo. Con una stravagante coincidenza pentecostale, la triade a bordo di una nuvoletta atterrerà a Malpensa nel primo mattino, per giungere in visita pastorale alla Ridente Multinazionale. Il Padre, il Figlio e Lo Spirito Santo si muovono per una visita di cui non si ricordano precedenti. Si, il Figlio era sceso tra di noi per risolvere qualche bega. Crocifisso il vecchio direttore, aveva fatto ritorno al Ridente Quartier Generale. Lo Spirito non ha mai fatto visita, più che altro chiama a se ogni anno Saliva, il nostro direttore Finanziario, per un incontro illuminante. Saliva, che non può mai smettere di leccare almeno un culo di un super boss, ritorna pieno di luce, e diffonde i dettami di riduzione costi e tagli improvvisi, moderno apostolo della cost reduction. Per una simile occasione la Rivoluzione Fantozziana ha rivoltato il nostro decadente ufficio. Sono comparse piante verdi, a coprire le crepe secolari. Cestini lungo il cortile, una improvvisa pioggia di segnaletica anti-inofortunistica, e tanti, troppi, cartelli con misteriose frasi. Un tappeto, rigoroso colore aziendale, accoglie all’ingresso i visitatori. A nessuno è concesso camminarci. Il lindo colore deve rimanere tale fino al passaggio miracoloso dei tre. Pezzi di tessuto verranno poi venduti come reliquie. Sulle scrivanie sono scomparsi i segni del quotidiano disordine. Con una mail imperiale, il Preside ha prescritto la tassativa pulizia di tutti gli spazi. Con rammarico ognuno ha passato la mano su tutte le carte che in qualche modo dimostravano una qualche attività lavorativa. Sono scomparsi i calendari e i poster. Niente Magritte, niente puzzle al muro. Sono state concesse le foto dei figli, a dimostrazione della fertilità infusa dal benessere aziendale. Aboliti gli screen saver che inconsapevolmente testimoniano forme di vita estranee all’azienda: in allegato il Preside invia un terrificante logo aziendale, suggerendone l’immediata installazione. Per mano della Dottoressa Fussenbauer, somma Direttrice del Personale, è stata diramata una circolare che suggerisce l’abbigliamento per le signorine. Niente di scritto, la Dottoressa non è stupida. Solo una voce di corridoio, che rimbalza pesante come una palla da bowling nelle orecchie delle disperate segretarie. L’abbigliamento consigliato ricalca lo stile Fussenbauer. Saremo assaliti da un esercito di fighe di legno, con lo stesso stile dell’inimitabile Dottoressa. Uno stile adatto a chi ha provato l’ultimo orgasmo almeno una decina di anni fa. Il Pollaio è deserto. Tira aria di lavori forzati, così sono piovuti appuntamenti imprescindibili e riunioni con clienti troppo importanti per essere delusi. Dallo sforzo, sono portato a credere che ne perderemo qualcuno. Lo ritroveranno nella sua station aziendale, svenuto di stenti per la mezza giornata di lavoro, il Rolex tarocco fermo, la cravatta allentata, Radio Deejay in sottofondo. Io assisto impotente al lifting di excel: i drammatici dati che annunciano periodi di vacche magre si trasformano magicamente. Gli stregoni si sono riuniti in gran consiglio, per un sabba frettoloso con un pentolone straripante di pessimismo che deve essere trasformato nel più positivo dei domani.  Il miracolo gonfia gli istogrammi, rende sorridenti le maligne previsioni dei consulenti, ridà luce a polverose ricerche di mercato attendibili come il tocco di un bimbo bendato.  Il mio capo corre come una valletta mestruata. La sua mano passa veloce e il suo tocco riapre faldoni sepolti, dati truccati, presentazioni fittizie. Nei suoi occhi c’è il terrore di vedere il suo castello in Sardegna, il suo SUV, la scuola per ricchi cerebrolesi brianzoli, sbriciolati sotto il peso della verità. Il Preside è chiuso nel suo ufficio. Solo gli alti ufficiali sono ammessi, per comunicazioni urgenti. Ultimo tocco di stile, la sparizione magica di qualsivoglia segno di trattativa sindacale. Dalle bacheche scompaiono i minacciosi cartelli, le vignette, gli avvisi di assemblea. Agli operai è stata mandata, in qualità di emissario, L’Elastica. La nostra ha il compito di velare minacce, ventilare terrificanti punizioni per tutti quelli che sognano un giorno da leoni. E’ necessario che il mansueto gregge di agnelli incarni la produttività, l’efficienza, la disponibilità di una vera e propria forza lavoro. Un nutrito gruppo di stagiste lavora alla preparazione della serata per i nostri. Esclusivo ristorante, esclusivi piatti, esclusive chiacchiere intorno a un Sassicaia sull’orlo dell’aceto. Millesimato per il brindisi, e poi tutti a puttane. Alla cena sono stati invitati anche alcuni esseri umani, tra cui il sottoscritto. Ci sarà concesso di partecipare, allo stesso tavolo dei potenti, con il chiaro concetto che per una sola parola sbagliata si può trasformare nell’Ultima Cena. Una rappresentanza dell’umanità subordinata, tanto voluta dai nostri che si vede che amano sapere come si vive da poveri o come si tira la fine del mese con un mutuo. Io reciterò il mio ruolo di Diffusore Ambientale. Appoggiato da qualche parte nella sala riunioni, spruzzerò cordialità e dati gonfiati, diluendo l’odore di merda che pervade le poltrone nostrane con sapienti dosi di Power Point e dormendo per la maggior parte del tempo. Circolano già strane leggende che narrano di miracoli della Trinità: al loro passaggio i TFR tornano ad essere umani; dicono che un solo gesto del Figlio possa far aumentare lo stipendio a cinque dipendenti. Si vocifera che Lo Spirito sia in grado di far apparire macchine aziendali nuove di pacca. Qualcuno ha visto Il Padre distribuire ferie. Ma si sa che ogni religione ha i suoi vangeli apocrifi.