Ho perso la mia innocenza di lettore con Kundera, seduto sul parquet della mia camera, in un novembre di più di dieci anni fa. Baricco e Pennac stavano a guardare dalla libreria, mia madre si stava spegnendo, il freddo stringeva la città e ascoltavo De Gregori. Ho perso la mia innocenza di lavoratore nel momento in cui ho capito quanto i soldi potessero cambiare le persone. Andavo in giro con una grossa borsa da venditore, di finta pelle, con pantaloni improbabili e cravatte difficili da digerire. Ho perso la mia innocenza di elettore quando ho lasciato cadere una scheda bianca dentro l’urna del seggio 158, guardando impassibile verso le liste elettorali appese contro la lavagna. Ho perso la mia innocenza musicale urlando a un concerto dei No Use For a Name, a Bologna in una delle più belle giornate che il 2001 abbia lasciato. Ho perso tante volte l’innocenza di chi è stato educato al bene assoluto, chi ha imparato a pensare prima di agire e spesso si è trovato a guardare gli altri che agivano senza pensare. Ho perso la fiducia nella mia generazione a Genova, vicino a un ponte, quando ho visto sangue, polvere, quando ho respirato la paura, quando ho mangiato violenza vomitata da ragazzi della mia età. Ho perso la mia innocenza di innamorato quando ho tradito, senza pensarci troppo.
Oggi, seduto davanti al pc, ho una casa di proprietà. Ho una moto, una moglie, scrivo per pigrizia, lavoro per viaggiare e viaggio per lavoro. Fumo, come ho sempre fatto, e questo prima o poi mi costerà. Bevo meno, bevo forse meglio. Leggo, forse meno di prima, forse meglio di prima. Faccio sempre foto a posti, persone, animali e cose. Guardo Milano con occhi meno innocenti. Vado al mare appena posso. E rimango sempre a guardare gli aerei in cielo e i punti infiniti sopra il mare, appena sotto il cielo.
Scrivo poco sul mio blog, ancora meno sui miei quaderni, ma tengo in testa intere pagine, idee perfette, soluzioni geniali, racconti superlativi.
Stiamo tornando, ma costerà caro