Il seghettio del bicilindrico ai bassi regimi

Il contesto aulico è molto spinto. Oppure, più semplicemente c’è una giornata della madonna. Esso, non la giornata, ma il contesto aulico, è ancor più spinto se si tiene conto del fatto che è sabato. E sabato, notoriamente, il contesto aulico è molto più piacevole. Fa freddo, il libro di Moccia è ancora in vendita, Studio Aperto va in onda quotidianamente, ma non tutto può essere perfetto. Avendo la mia chioma superato di gran lunga la soglia consentita per la definizione di "trasandato sciatto" ho dovuto ricorrere al mio hair stylist di fiducia. Che non è uno, sono molti, o meglio chi capita. Da quando la Signora Pistecchi mi ha introdotto nel mondo della cura della persona, e ho abbandonato il mio parrucchiere pugliese e la sua macchinetta tre millimetri fissi, ho scoperto i piaceri della carne. La magia di uno shampoo con trattamento mirato, lo splendore di audaci polpastrelli che massaggiano le tempie, omosessuali che, rigorosamente vestiti di nero aderente, scorrazzano come cardiochirurghi durante un quadruplo by pass, moderne ninfette con la frangetta e il piercing dentro il mento, l’occhiaia scavata e lo sguardo perso nel vuoto come se non pensassero a nulla (solo più tardi ho scoperto che davvero non pensano a nulla). La percezione spazio temporale di un eterosessuale maschio durante questi momenti si dilata tragicamente, e un’ora di shampoo e taglio può corrispondere a due anni di vita normale. Il prezzo da pagare per avere dei capelli splendidi, con un taglio splendido, e anche dei lineamenti splendidi (questo almeno è quello che ti dicono mentre producono una fattura degna di un dentista). Siccome amo andare a nozze con le tragedie del genere umano, io dentro queste scintillanti vetrine che danno sul traffico del centro, ci sto bene. Mi godo l’ossessiva cura per i miei capelli, amo sentirmi dire che non sono stempiato, ma ho l’attaccatura "larga", adoro gli sguardi languidi che si lanciano tra di loro i professionisti mentre agitano le forbici. Anzi, fossi più tollerante con me stesso, ci verrei più spesso. Unica precauzione, insieme a qualcosa di espressamente eterosessuale come la puzza di sudore, che almeno allontana parzialmente i rischi di approccio, è il riempire i momenti di vuoto assoluto con qualcosa da leggere. Per noi lettori complusivi è estremamente facile. Qualsiasi cosa è da leggere. Ogni cosa è illuminata. Le istruzioni di evaquazione, la normativa in vigore sul divieto di fumo, la maglietta con scritto Gay is Good. Solo che i momenti di vuoto assoluto sono davvero troppi, e il parlare della sostanza e della corposità del capello alle lunghe porta conseguenze anche gravi. Ho scoperto che in questi posti l’offesa intellettuale all’omologazione di massa è semplificata al massimo. E’ pieno di riviste che non sono li per essere lette. Puoi scegliere un taglio e chiedere al tuo omosessuale di avere i capelli come quelli. Tutto è possibile. Prendi una pagina, indichi la modella o il modello, e dopo un ora di intenso sforbicio puoi rivedere nello specchio la stessa modella o lo stesso modello ingrassato di una ventina di chili e con i foruncoli. Ovviamente, tra le riviste presenti, non può mancare il vero strumento universale del radical chic, Vanity Fair. Ogni aristo chic che si rispetti dovrebbe leggere Vanity Fair almeno due volte al mese. Io adoro Vanity Fair, il formato, il finto distacco dalle futilità della moda, le poesie di Biondi, l’articolone centrale sempre impegnato ma non troppo, la posta di Mentana. Non comprerei mai Vanitiy Fair, ma lo leggo volentieri a scrocco, perchè in fondo vorrei avere anche io i soldi per essere di sinistra come il lettore medio di Vanity Fair. Vorrei anche io poter ridere delle sfighe dell’impiegato medio, mentre sfoglio la mia copia nel soggiorno della mia piccola, ma accogliente, luminosa ma non eccessiva, arredata low profile ma con gusto, casetta sulla circonvallazione interna. Vorrei anche io ridere dei pendolari mentre sfoglio i reportage di Vanity Fair sul taxi che mi scarrozza in giro tra un appuntamento e l’altro, ma sono troppo impegnato a fare il pendolare. Quindi mi riduco a leggerlo solo in rare e preziose occasioni. Con la mia copia di Vanity Fair, pronto per il taglio, appena finito lo shampoo rigenerante, mi apprestavo a sedermi tra le braccia del corpulento omosessuale pettinato come Frengo che ambiva a trattare i miei capelli in modo principesco. E nello sfogliare distrattamente il giornale, per fingermi impegnato ed evitare la solita snervante conversazione principalmente incentrata su locali che non conosco e cose che non faccio, ho trovato qualcosa davvero degno di spessore. In una lunga, spiazzante, intervista a Moccino jr., nella quale attraverso il saggio uso di foto e di domande pilotate si sottolineava come finalmente l’eterno bambino fosse cresciuto, pronto per la vita, pronto per l’amore, ho trovato una definizione perfetta per descrivere almeno cinque anni della mia breve ma intensa vita sentimentale. Dopo i primi cinque minuti di esaltazione, nei quali il corpulento omosessuale credeva che io fossi entusiasta delle sue deliranti proposte di scalare, ovalizzare, ombreggiare, e altre metafore per indicarmi il suo desiderio di possedermi nello sgabuzzino, ho provato solo un po’ di dispiacere disilluso. Ho scoperto cosa avrei dovuto dire, con una manciata di anni di ritardo. Sulla strada del ritorno,  mentre lo scoppiettio del bicilindrico rendeva lo spostamento del motociclo a saltelli regolari, come una cavalletta con la dermatite, sono rimasto in silenzio (perchè le grandi allusioni sulle madri degli ingegneri tedeschi non fanno testo). Perchè certe cose fanno pensare. Fortuna che non ho mai avuto quelle parole in bocca al momento giusto. Sarebbe stato come un fucile tra le mani di un bambino, gli effetti sono da prima pagina al tg.

"ho detto troppe volte ti amo, senza pensarlo veramente. La verità è che volevo dire amami".

6 pensieri su “Il seghettio del bicilindrico ai bassi regimi

  1. se io fossi utente anonimo, mi sarei incazzata io!

    il mio parrucchiere invece parla solo di politica internazionale, ed è preparato! mi tengo i capelli lunghi fincè non ho tempo di leggere diario, il manifesto e carta nella stessa settimana

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