Scuola Argonne – Liceo Francese Sthendal: 78-54

Capitolo Uno: " Di un amore, un amore veroooo: ovvero quattordici anni"
Ho ancora nell’armadio la canotta giallo-blu, numero 14, che ho indossato per due anni al liceo con la squadra di basket della scuola. Nonostante i numerosi lavaggi con il Napisan, i colori sono rimasti quasi gli stessi. Ai tempi indossavo larghi levi’s bordeaux, improbabili camicie di flanella a scacchi sempre di tonalità autunnali, le reebok Pump e uno zaino seven doppia cerniera viola. Portavo le basette lunghe fino alla mascella, e a punta quasi fino a metà guancia. Ero molto meno stempiato di adesso e mi iniziava a crescere il pizzo. Avevo un walkman più o meno delle dimensioni di un big mac, e ci consumavo dentro tutto quello che alcuni compagni più avanti mi passavano: credo che il greatest hits II dei Queen sia stato riprodotto almeno diecimila volte. Mi muovevo in bicicletta per andare dappertutto, con una mountain bike economica il cui sellino veniva periodicamente asportato da ladri e stronzi di varia natura, per poi essere sostituito da quelli che mio padre trovava in saldo alla fiera di Senigallia (probabilmente quelli rubati a qualche altro sfigato come me). Come tutti i miei coetanei, sentivo l’impellente bisogno di comunicare amore, senza essere ricambiato. Fumavo quattro sigarette al giorno, di cui due mentre tornavo a piedi con Federico da scuola. Arrivavamo fino in Porta Venezia, e poi io mi fiondavo verso casa pedalando il più possibile per recuperare il ritardo.
“Non è la Rai” era una specie di valvola di sfogo ormonale, direttamente in onda dopo pranzo. Non capivo con esattezza il senso della trasmissione, e a dire il vero nemmeno mi piaceva, ma anche un cane, dentro una macelleria, non darebbe molto peso al colore dei muri. Yvonne era la mia preferita, anche se un giorno, prima degli allenamenti di basket, con Luca, abbiamo scritto una lettera “porno” ad Ambra. Ci sembrava porno, in verità non si avvicinava nemmeno lontanamente a quello che i nostri padri si dicevano in coda in tangenziale o dentro un ingorgo in circonvallazione. L’abbiamo anche imbucata. (Ambra, per delle scuse ufficiali e per sottolineare che i miei gusti si discostano oggi di molto dalle mie fantasie puberali.)
Passavo un’ora al telefono tutte le sere con Francesca, due anni più grande all’anagrafe, una grande amica al telefono, due sorprendenti tette di persona. Mio padre aveva comprato uno dei primi cordless che fossero stati prodotti: un Panasonic bianco delle dimensioni di una macchinetta per il bancomat. Leggevo come un matto, ascoltavo musica a scrocco, e mi ricordo perfettamente che mi stupivo di un sacco di cose, ad esempio di come i miei calzini di spugna bianchi e verdi della Mike non piacessero a nessuna delle mie amiche. Io li trovavo sensazionali. Ero vergine, addirittura direi molto vergine, decisamente  più impegnato in grandi progetti come la squadra di basket e l’acquisto di uno stereo portatile tutto mio, e nell’estenuante opera di convincimento per ottenere un mezzo motorizzato. Non avevo grandi domande, e di conseguenza non cercavo nessuna risposta. Leggevo per leggere, ascoltavo per ascoltare, e poco importava del resto. Scoprivo per il gusto di farlo, beatamente immerso nel bagno caldo dei quindici anni.   
Poi, un giorno di giugno ho scoperto una panchina, in Piazza Umanitaria, senza macchine e senza rumori. Mentre il cane cercava l’albero migliore, mi ricordo nitidamente di essermi detto: “chissà cosa farò da grande?”
La portata del quesito mi aveva spinto subito a fumare due sigarette e a rincasare di corsa per ascoltare a tutto volume “Funky tarro” e “Do – do mani dod do do mani”.
 
 
 Capitolo Due: quattordici anni dopo
Questa mattina mi sono svegliato e mi sei venuto in mente. Mentre mi facevo la barba mi stavo quasi tagliando per quanto ridevo. Se proprio lo vuoi sapere, quei calzini non erano niente male, erano solo dieci anni indietro, ma è la solita questione di punti di vista.Ah, per tua informazione: due anni dopo, su quella stessa panchina, hai fatto l’amore alle nove di sera, convinto che fosse talmente tardi da scongiurare il pericolo che qualcuno passasse. E poi, ci sei tornato a piangere perché credevi che bastasse dire ti amo per stare insieme una vita. E poi ci sei tornato alle quattro di mattina, ubriaco marcio, a fumare l’ultima sigaretta con un grande amico. E ancora: sei andato lì a mangiare un panino prima del concerto dei NoFx in cui ti hanno strappato la maglietta che tua sorella ti aveva appena regalato. E ti ci sei seduto la notte in cui è morta tua mamma. Poi ci hai portato mille volte il cane, di cui almeno cinquecento per tampinare la proprietaria di una carinissima husky. E il tuo cane ti deve ancora un favore per tutte le volte che, mentre voi due parlavate, lui montava come una macchinetta la povera siberiana. E la padrona non è diventata la madre dei tuoi figli, come credevi.
E poi, in quella piazza, ci sei caduto con la Vespa, a cinque all’ora, perché stavi guardando il cielo. Hai fatto in tempo a ripassarci, con quella famosa ex, per scoprire che il latte scaldato ha il sapore del vomito. E poi ci sei tornato per caso, un giorno che avevi finito di lavorare, e ti sei trovato a toglierti la cravatta seduto sulla panchina, esausto e con una voglia incredibile di mollare tutto. E hai iniziato a farti delle domande, e andavi a sederti su quella panchina quando eri a secco di risposte.
Lo hai fatto per tutti questi anni, e credo che lo faremo per sempre.
Fino a un venerdì, cinque mesi fa, quando ci sei andato, con la moto quasi in riserva, i nervi a pezzi e una strana sensazione allo stomaco. Ti sei seduto e ti sei acceso la trentesima sigaretta del giorno. E sussurrando hai detto: “domani mi sposo". Poi lo hai detto ad alta voce, quasi per vedere l’effetto. E poi, ti sei detto: "tra meno di sedici ore mi sposo e  non so ancora che cazzo farò da grande….”
 
Ecco, era solo per dirti che, a quanto pare, non serve a molto chiederselo…

4 pensieri su “Scuola Argonne – Liceo Francese Sthendal: 78-54

  1. Ecco.Venerdì sera.Ore 00.08.Sono a casa sola.A scrivere il mio phd proposal.Tento ad ogni modo di sottrarmi alla sottile tentazione del suicidio morale e clicco sul mondo di Franz.Mi si apre una finestra che mostra il coffee table che ho sempre voluto avere, da quando avevo circa 5 anni, per berci il thè con le mie amichette tutte rosa. Devo averlo assolutamente e credo che anche luca saprebbe apprezzarlo. Grazie Franz, fine amatore del design contemporaneo, per avermi ridato le forze in questa notte di pioggia e libri.

  2. Piccolo Fiore della Londra Nebbiosa,
    non sai quale gioia nel saperti sostenitrice del design contemporaneo. Non puoi capire quanti detrattori scambino questi esempi di modernità con del comune trash.
    Nell’eventualità tu volessi approfondire l’argomento, magari facendoci un PHD, ti suggerisco di cercare su google “young wasp meets huge black cook” oppure “first ever anal breakdown for Kelly” o anche ” animal pissing on old bitch”.
    Io vado avanti con il mio messaggio di arte per il mondo.

    PS: il tuo uomo guardava i film sconci con il Krine da piccoli ( fino a luglio dell’anno passato). Ma fai come se non te lo avessi detto.

    Tuo

    Franz

  3. si, sono FIlippo. Come stai? Cazzo quanto tempo che non ci si sgama! Oh, bella di Vasella, mi faccio chiamare Franz per depistare gli sbirri… troppo togo.
    Cazzo che figa la vespa… io speriamo che la vinciamo.

    (fottiti stronzo)

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