Sono sicuro che se dovessi andare a rileggere i miei mesi estivi degli anni passati, ad ogni giugno troverei la stessa stanchezza. Giugno mi sfianca. Aprile mi addomestica, maggio mi fa riflettere. Ieri sono andato a trovare questo bimbo del rugby che ha una leucemia. Sono quelle occasioni in cui i minuti durano due ore e mezza. Poi ti resta quella sensazione di dover fare i conti con le cose serie della vita. E di colpo ti rendi conto di non aver molte cose serie, tu, nella tua vita. La fine può essere sempre un inizio. Così mi piace pensarla. Ci pensavo qualche giorno prima, alla festa della scuola del piccolo. Uno scempio di merendine calde, altoparlanti che funzionano male, mamme commosse, papà annoiati, maestre pronte a tre, dico tre, mesi di vacanza. Mi sono seduto sulla scala antincendio, su un gradino di ferro, a guardare il cortile. Osservare il chiasso mi fa stare meglio.
Sto lavorando. Tanto. Esiste un troppo? Dipende. Prendo la moto, e scappo in campagna. Sto facendo la corte all’Adda. È un fiume pigro, ha le rive calde e noiose, ma mi piace sedermi sull’erba e guardare insetti di cui immagino i nomi fare cose per loro, immagino, estremamente importanti, come volare di continuo da un filo d’erba a una foglia.
Mio padre mi ha trovato sulla porta del medico. Ritirava ricette, dalla scatola piena di buste che sta vicino alla porta. Io andavo a raccontare di tutti i modi in cui il mio corpo mi dice di esser stanco. Abbiamo bevuto un caffè.
Non so bene come si possa raccontare, il rapporto con questi momenti, che abbiamo in casa nostra. C’è una sedia vuota, dove si siede sempre il non detto, un ingombrante inquilino che abita con noi fin dai tempi in cui lui ha deciso di smettere di essere padre e io ho dovuto per forza esser figlio due volte.
Almeno non c’è la rabbia, che a questi tavoli si sedeva rumorosamente, e metteva il sale nel caffè, e buttava a terra i cucchiaini.
Mi ricordo che ogni anno, a giugno, mi riprometto di non bere più gin tonic.
Mi piace questa cosa, di promettermi cose che non si possono promettere.
Certe cose si fanno e basta.
Come amare.
L’amore non si promette. Si fa.
E anche smettere. Qualsiasi sia la cosa da smettere.
Si fa.
E giugno non è un buon mese per iniziare a fare. È la fine della primavera, che come sai, è anche l’inizio dell’estate. Insomma, vedila come vuoi, ma le cose che finiscono, danno sempre vita a qualcosa che inizia.