Oggi ho mantenuto una promessa che avevo fatto nel 2017. Che vuol dire che le promesse le mantengo, solo con i miei tempi. Mi ritengo molto soddisfatto.
Ho portato il Piccolo al luna park. Quello grande, ai bordi del lago. Due ore di macchina, diciassette minuti di camminata, cento euro di adrenalina e una infinita serie di dubbi.
Quando mi trovo nella folla, insomma in mezzo a grandi masse, mi vengono i dubbi. Tonnellate di dubbi.
Mi piace stare in mezzo alla gente. Mi piace anche il sesso estremo. E anche il rumore della pioggia, e l’odore della primavera. Per non parlare del caffè della moka, o del dry gin freddo. Mi piace la vita, più che la morte.
Ma le grandi masse, con il loro caos disordinato, le file bovine, la noia, misteriose ascelle piccanti, ecco le grandi masse non mi piacciono. Mi fanno venire i dubbi.
I dubbi mi mettono di pessimo umore. Non le grandi masse, ma i dubbi. Nessuna donna con orrendi leggins di sintetico nero, o nessun uomo sovrappeso che mangia dolci imbrattati di caramello salato, è mai riuscito a mettermi di malumore.
Però i dubbi si.
Vorrei vivere senza dubbi e senza rimpianti.
Ma oggi ho mantenuto una promessa fatta a mio figlio. E ho sentito la potenza di questa cosa.
Posso dire di essere felice. Come una finestra. È una cosa bella.
Le finestre lasciano passare il sole e riflettono la luce. Fanno vedere il mondo ma ti proteggono dal freddo. Coprono il rumore.
Insomma mi sono sentito una finestra.
Come padre, di mestiere vorrei fare la finestra.
Aprirmi quando è il caso, chiudermi quando capisco che non funziona. Essere la finestra da cui il Piccolo osserva il mondo, per poi un giorno aprirmi.
Poi, le finestre non hanno dubbi.
Fortunate loro