Io galleggio, respiro sale, acqua salata e silenzio. Ovattato, silenzio. Mi sembra di respirare boccate di qualcosa di simile alla nostalgia. Di cosa non so, e non so nemmeno se si possa respirare nostalgia. Forse al mare si. Quando faccio fatica a leggermi così tanto mi chiedo cosa abbia sbagliato, nel leggere per giorni e mesi, se poi tutte le pagine lette non aiutano.
Io galleggio e mi godo silenzio e tenerezza. L’acqua mi passa in testa, il cuore che batte, il sole gigante in cielo.
Ogni bagno di quest’anno ha l’epica di essere l’ultimo. Entri in acqua quasi celebrando la gioia e l’emozione e nuoti come se non lo potessi fare più.
Ci ha lasciato un dubbio enorme, questa pandemia: l’ansia che si tratti dell’ultima volta. Che è la nemesi dell’emozione della prima volta. Il tramonto e l’alba.
Non resta che nuotare, galleggiando. Senza chiedersi se si tratti dell’ultimo bagno o del primo rito di qualcosa di nuovo.
Rivoluzioni sospese, che galleggiano. Così stiamo. Sospesi. Al mare galleggeremo, in città vedremo.