All’inizio pensavo fosse una questione di costume. Ho guardato i miei costumi. Hanno tutti una storia, le più belle sono quelle di quelli scoloriti. Va da se, per le storie di mare, che più sale e più sole siano componenti fondamentali. Quello rosso, adesso di un rosso pallido, è il veterano. Abbiamo nuotato, camminato, saltato, dormito, guidato, pedalato, riso, scopato, insieme.
Pensavo fosse una storia di costumi. Quindi ne ho comprato uno nuovo. Anche in vista di settembre. Mi piace immaginarmi a settembre al mare. È uno sfrontato ottimismo che mi aggrada. Ho preso un costume comodo, un tessuto facile, una trama simpatica.
Ma non è cambiato nulla. In effetti, si poteva capire non fosse il costume, il problema. Ma mi piaceva immaginare che comprando un costume si potessero risolvere grandi questioni.
Allora ho provato con il gin tonic. A volte, a Milano, funziona. Bere gin tonic intendo.
Ho trovato un bar dove ne fanno di umani. Lo prendo con il limone. Ma non succede niente.
Allora ho provato con la playlist. Ho cambiato musica. È come cambiare aria alla mente. Aprendo finestre. Ma niente.
Ho questa inquietudine, questa cosa strana, che mi tormenta. Non so cosa sia. E non me ne curo troppo. Ma arrivo a certi momenti in cui, in effetti, è un fastidio costante e invadente.
Forse la sabbia, ho pensato. Sono tipo da scogli. Ci pensavo mente nuotavo nudo, a cento metri da riva. La sabbia è noiosa. Questo è un dato di fatto. Si nuota nudi, si esce, ci si asciuga e si legge. O si fa finta, tenendo il libro come per tenere i pensieri.
Fare l’amore con la vita è diventato difficile, quest’anno. Non vorrei fossi io. E non la vita.
Ma forse è proprio la sabbia.