Vola Franco!

Annuso le candele, mettendo quasi la testa dentro lo scaffale. Mi piace capire dove si stia spingendo l’industria dei profumi, con fragranze estremamente curiose che uniscono i frutti esotici, che mi stanno tutti sul cazzo a livello di profumo, con le spezie mediterranee.

No, non mi piace davvero annusare candele nei supermercati. Ma è una delle cose che faccio per rilassarmi quando sono estremamente sotto pressione.

Mi alzo, esco all’aria aperta, cammino almeno per venti minuti, cantando qualche canzone, e facendo attenzione al respiro. Raggiungo un supermercato e:

  • tocco la carne nelle buste, facendo attenzione a consistenza e colore
  • Soppeso le buste di biscotti, ho una predilezione per quelli al burro che profumano di buono e mi ricordano mia nonna Laura.
  • annuso le candele

Esco.

Solitamente sto meglio, quindi rientro in trincea.

E’ tutto legale. E funziona. Opinabile, ma funzionante.

Comunque sto annusando le candele. E’ strepitosa, la mia memoria olfattiva. Associo profumi a cose, ma questo lo fate tutti. Io però associo profumi a cose losche.

Cioè non è che annuso la candela alla vaniglia e mi viene in mente la comunione di mio cugino o le torte di nonna Rosa, o la primavera.  Mi viene in mente l’odore che c’era nel night club di Madrid, quando sbronzo cercavo di andarmene per raggiungere la mia dignità che era uscita un’ora prima.

Annuso la liquirizia e mi vengono in mente le facce strane che faceva il vecchio che mi spacciava le sigarette in montagna. Marlboro Rosse, cinquanta lire l’una. Compresi i filtri già succhiati e l’odore di liquirizia. Aspettava in una stradina dietro alla pasticceria, per cui c’era odore di burro e liquirizia e poi di sigaretta.

E quelle robe esotiche che mi ricordano tutti i più cattivi cocktail che io abbia mai bevuto, nei più brutti locali dove sono stato. Tu già dici papaya, e a me viene la tristezza, se mi dici mango mi cadono le ginocchia. E poi una candela che diffonde odore di ascella misto a urina non è piacevole.

Finisco di annusare, per non sentirmi in colpa vado a prendere una confezione di finocchi, pago e esco.

Sul grande piazzale tira un vento freddo, invernale, finalmente. Mi ricordo di quando sono venuto qui a vivere, in questo deserto urbano di tristezza in cui l’Esselunga era l’unica luce della sera. E mangiavo male, bevevo tanto, vivevo male in generale.

Apro i finocchi, ne sciacquo uno sotto la fontanella.

Lo addento e mi incammino.

Passa un signore anziano, mi guarda e dice: vola Franco!

Il potere allucinogeno dei finocchi.

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