– dovevi portarne di più
– non ho avuto tempo, cazzo cazzo.
– perché ripeti sempre due volte cazzo?
– mi vuoi rompere i coglioni su tutto, adesso?
– …
– comunque non riusciamo a combinare un cazzo. Cazzo cazzo.
– lo usi come intercalare, come soggetto, come tutto. Diavolo porco, ho capito, il cazzo per te è una scorciatoia.
– non ne usciamo. È una situazione del cazzo. Andiamo via. Adesso, cazzo cazzo.
– si. Andiamocene. Al volo. Subito.
– che sfiga cazzo.
– ecco, diciamolo un cazzo ogni tanto.
– non è perché sei laureato che mi devi rompere il cazzo su come parlo. L’idea, tanto per dirne una, era tua. E dovevi calcolare che ce ne sarebbe servita di più.
– io non ho mai rubato nella mia vita. Anzi, io nella mia vita ho preso due multe in venti anni di patente. Figurarsi rubare.
– sembravi convincente, quando mi hai raccontato il piano. Testa di cazzo io che ti ho dato retta, cazzo cazzo.
– entriamo in quel bar. Sembra l’unica cosa aperta in tutta la città. Beviamo qualcosa di caldo e ci pensiamo.
– io devo bere alcool, mica qualcosa di caldo, cazzo.
– uno solo?
– no. Una bottiglia
– no, mi riferivo al cazzo.
– fanculo, idiota del cazzo.
– quanti anni è che ci conosciamo?
– venti, ventuno.
– venti o ventuno?
– ma che cazzo ne so io. Ventuno, perché eravamo al liceo.
– beh dai, una bella amicizia.
– cazzo, si.
– dai, anche questa cosa qui, così, stupida ma geniale, è nata forse perché siamo troppo amici.
– troppo amici e troppo stupidi, cazzo. Guarda dove siamo finiti. È la vigilia di Natale e siamo in un bar di fianco alla stazione, a bere. Saremo gli unici due con i documenti in regola qua dentro, cazzo.
– sai una cosa?
– …
– ti voglio bene.
– cazzo siamo? Sentimentali da Natale?
– no davvero.
– mah
– aspetta. Ti voglio bene perché sei un amico vero. Un complice.
– di un delitto del cazzo.
– forse meglio così, davvero.
– non riusciamo in niente che non sia bere, cazzo.
– e allora beviamo.
– a cosa? Al fallimento?
– senza una ragione, beviamo e basta.
– boh, cazzo cazzo.
– buon natale Mattias
– cazzo, buon natale.