Ho scritto molto, sul mio piccolo diario. E’ un investimento emotivo, il diario. Non a scriverlo, ma a rileggerlo.
Lo aprivo per scriverci sopra, e capitavo sulle pagine di Natale, di marzo, e rileggevo. E allora faticavo a scrivere.
Come se questa estate avessi vissuto molto del mio tempo, la gran parte, a rivivere un passato prossimo, ancora caldo, di cose che avevo, apparentemente, accantonato.
Ritornavo sulle mie emozioni, visitandole da turista smemorato, come mi fosse stato concesso, per un periodo limitato di tempo, di tornare indietro, ritornare appunto.
Allora mi sono chiesto a cosa servisse davvero, questo ritornare. E mi sono accorto che questa estate era il momento giusto per tornare qualche passo indietro, osservare, e poi ricominciare.
Sono ritornato, per tre mesi, in luoghi che avevo dimenticato.
E’ stato un viaggio bellissimo.
Si ritorna in posti già visti, in emozioni già vissute, su ricordi appena sbiaditi. Lo si fa per memoria, non si può riparare nulla di ciò che è stato rotto, non si può correggere nessuna rotta, è illusorio pensare di poter cambiare il futuro, figurarsi il passato, ma è un viaggio indispensabile.
A settembre riparto. Parto ancora. Nel senso che ricomincio, comincio ancora. Inizio una nuova cosa, in verità un sacco di nuove cose, pezzi nuovi di vita che aggiungo.
Ci sono due tipi di persone, quando si tratta di memoria emotiva. Chi accumula e chi pulisce.
Chi pulisce lo fa sistematicamente. Precisamente, consapevolmente. Prende pezzi di ricordi e li butta. Non per rabbia o per dolore, per necessità. Una stanza pulita, perfetta, nuova, aspetta le nuove emozioni.
Chi accumula assomiglia alle città che hanno un vissuto. Immagina Roma. Chi accumula lascia che le nuove emozioni si siedano su quelle vecchie, che le levighino, che le diano una forma. I resti del vecchio fanno da base al nuovo. Sembra tutto più grande, tutto più caotico, ma è solo questione di rovine.
Chi accumula non è meglio di chi pulisce, e viceversa. Sono due modi di vivere diversi.
Arriviamo tutti al momento in cui è finita. Ci arriviamo in modo diverso, due percorsi lontani.
La mia memoria assomiglia a Roma, alle grandi rovine imperiali, un passato glorioso, che fanno spazio alle nuove costruzioni. Ci si deve districare, c’è un traffico pazzesco, si potrebbe migliorare, ma è così. Così è da sempre. Mi piace camminare per Roma, perchè mi ricorda di quando cammino per i miei ricordi. Mi piace il monito silenzioso della decadenza romana, perchè è pur vero che il passato è importantissimo, ma ci vuole molto spazio per costruire il futuro.
Così sono ritornato sulle rovine di emozioni molto vecchie, ho camminato tra i resti di ricordi, ho riposato appoggiato ad alcune vivide immagini di anni fa.
Si vede che era questo che dovevo fare questa estate. Ho avuto pochissimo tempo per scrivere, ancora meno per leggere, ma ho avuto tantissimo tempo per pensare.
Mi sono accorto di due cose. La prima è più semplice, da spiegare e da spiegarsi. Sono il genere d’uomo che non ha paura del futuro ma ha paura del passato. Per questo, a volte, scappo dal passato. Sono scappato, per usare un passato corretto parlando di passato.
E non ho bisogno di una musa.
E’ successo così.
E’ troppo lungo da spiegare. Non ne ho i mezzi.
Ne la voglia.
Ne, forse, la capacità.
Ritorno sui ricordi.
Questo sto facendo.
E’ una cosa che consiglio a tutti. Rileggersi prima di proclamarsi al grande pubblico.
Insomma, sono felice di avere un diario, di averlo portato a spasso per quattro mari diversi, di averlo quasi perso, di averlo ritrovato.
Sono felice anche senza il diario, a dire il vero.
Ecco.