J. dormiva, provava a dormire, la sala buia illuminata a tratti dall’albero di Natale, luci bianche sulle palle argentate.
Non svegliatemi, voleva dire.
A chi?
La coperta blu, il divano bianco, i mobili, nel buio.
Non pretendo di essere niente di più di quello che sono.
Sono io, sono la mia domanda di vita, sono le mie risate sottovoce, sono le mie paure, sono il mio corpo che invecchia piano, sono le voci che mi sembra di sentire in casa, quando so benissimo di essere a casa
da
sola.
Avanti J., sembrava dirle il destino. Esagera. Prova a piangere. Lascia cadere le mani sui fianchi, come quando esausta urli nel telefono che non ce la fai più.
Avanti, è Natale, piangi.
Un sospiro, quello che anticipa le lacrime.
E un sorriso.
Anche Natale, per fortuna, è passato.