Lo chiamavano El Christo.
Perché assomigliava vagamente all’idea che gli uomini hanno di Cristo, capelli lunghi e chiari, barba incolta, fitti occhi verdi. Aveva il viso affilato, un modo naturale di aprire bocca per parlare, un tono profondo di chi non ha vergogna, o forse nulla da perdere, o forse, semplicemente, perché ha perso tutto.
Lo chiamavano El Christo, perchè aveva ricevuto la benedizione della follia, appena dopo i trent’anni, guidando una coraggiosa rivoluzione, nessuna guerra, nessuna battaglia, una questione interiore, di cambiamento, di coraggio e follia. Aveva preso la sua vita, mettendo in discussione tutto, distruggendo e ricostruendo, come il Cristo a trent’anni.
Lo chiamavano El Christo, perché era religioso, era cattolico, era uno dei pochi, pochissimi, ragazzi a spingersi fino alla processione del Venerdì Santo, a baciare la croce socchiudendo gli occhi, per dimenticare le assurde ragioni di un Dio assassinato dagli uomini e dalle loro paure. Diceva così. Diceva di essere scappato da molte religioni, da molte paure, da molte comodità, ma mai da quella croce.
Lo chiamavano El Christo perché sul campo era uno di quelli che giocava come se non avesse paura di soffrire, come fosse immortale, anche se in perenne discussione con un fisico di cristallo, delicato più di quanto si potesse supporre. Era il primo a lanciarsi, l’ultimo a spostarsi. Credeva nel valore della terra e dei metri conquistati dando tutto. Una questione di umanità, quella di dare tutto.
Un mattino di novembre El Christo camminava, una lieve zoppia alla gamba destra dovuta a uno dei tanti incidenti di gioco, una lieve malinconia negli occhi, quasi un velo, dovuta a uno dei tanti incidenti dell’amore, verso la Cattedrale, insieme a pochi turisti infreddoliti.
Si era fermato a guardare oltre la fitta nebbia.
Un respiro, quasi una fitta, un pugnale.
Un sordo dolore.
El Christo era rimasto fermo, a riconoscere il dolore dell’anima.
Poi aveva ripreso a camminare.
Sorridendo.
Era il suo destino, tutto questo dolore a novembre. Era la sua partita, la sua croce, la sua vita.
Si sorride davanti al destino.
Non è piangendo che cambi un destino.
È sorridendo, che gli fai paura, proprio come provava a far lui.
Un solo segreto.
Sorridere al destino.
El Christo