La Fame

È stato in un pomeriggio di sole, caldissimo, cicale sotto al ciliegio da cui Ida rubava le rosse con cui cuoceva pazientemente la marmellata, nell’ora in cui tutti dormono per il caldo e per la noia. È successo come tutte le grandi cose della vita succedono. Dirompenti eruzioni vulcaniche, in un attimo, un istante. 

Ho scoperto la Fame. 

Non saprei dire cosa succede ai bambini, che diventano uomini. So di me, e ricordo di quel momento preciso. 

Ho ricordo di tutto, ed è uno dei pochi ricordi che tengo intatti. 

Il tempo ovatta i ricordi, assopisce il dolore, sfuma le gioie, annacqua i piaceri. Questo no. È fermo, così, da quando è successo. 

La fame, da allora, mi ha mosso. Per essere un uomo, ero un uomo acerbo, nei modi, nei sensi, nel corpo. Non nella fame. 

È stato allora che la fame mi ha posseduto, facile lotta tra una forza infinita e un fragile corpo. 

Ancora oggi mi chiedo come io abbia fatto a vincere, ma so che la guerra non è finita. Ancora oggi, se riguardo indietro, mi sorprendo capace di dominarla. 

Infatti, all’inizio, sono stato dominato, divorato, consumato, dalla fame. 

Per prima, imponente, surreale, quasi pittoresca, la fame di carne. La più pericolosa, se usata senza esperienza. Il mio corpo si è trasformato in una palla di impulsi. Il corpo, il desiderio, l’impossibilità di governarlo, non conoscendone le regole. 

Anni durissimi.

Poi, di colpo, la fame di conoscenza. Infinita. Che cresce, più viene nutrita. Leggere, conoscere, viaggiare, diventano importanti come respirare. Se la carne da l’illusione della possessione, la conoscenza lascia il dubbio di non averne mai. 

La fame di conoscenza supera la fame della carne, mentre arriva, ospite inatteso tenendo conto della difficile situazione, la fame dell’Oltrepasso. Il luogo, fisico, che credi di raggiungere, a colpi di adrenalina, e che invece non raggiungi mai. È una fame violenta, che non si può sedare. Mi ha portato in luoghi stupendi, insieme ad affamati come me, e mi ha lasciato le cicatrici che conti, sfiorandomi la pelle. 

Sono poi arrivati gli anni in cui mi era impossibile distinguerle. Anni in cui, si univano e si slacciavano, a loro piacimento. Il desiderio di un corpo, di sapere, di provare a passare il limite. Si alternavano, oppure, violenti, tutti insieme. 

Come per quel pomeriggio di caldo in cui è iniziato tutto, ricordo quella stagione in cui ho imparato, a mie spese, come dominarle, come usarle, come renderle la forza che mi tiene in piedi. 

Perchè la fame non ti consumi, non occorre saziarla di continuo. Occorre ballare con lei, abbracciandola, facendosi portare sul fondo, restandoci ad osservare e risalire, conoscendone la strada. 

Ci è voluta tutta l’anima, per farlo. Tutta l’anima che mi era rimasta. 

Allora il desiderio di carne, che adorava nascondersi nel desiderio d’amore, è diventato il piacere di saper distinguere, di raccogliere respiri e baci, di fermarsi. Allora il desiderio di sapere, che si confondeva con la paura di tacere, ha incontrato il silenzio e il fare. Allora, il confine da oltrepassare è stato trovato e li lasciato. 

Ho imparato a vivere la mia fame, a conoscerla, a saziarla, nutrendola al meglio, perchè mi possa mantenere in vita.

Perchè ho scoperto che è la fame a tenermi in vita. 

Che adolescenza del cazzo

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