Se ci pensi, più che breve, la vita è una sola. Una sola vita ti è data. Se ci pensi, è sorprendente quanta spazzatura ci mettano, spazzatura inutile, dentro la vita, alcuni uomini, certe donne.
Mi scivola addosso questo pensiero, mentre sto seduto ai piedi del letto del Piccolo, ascoltandolo respirare profondamente.
Molti invidiano il sonno dei bambini. Io no. Invidio i sogni dei bambini, anche gli incubi. Dove, ancora, tutto è possibile. Crescendo, togli potere e responsabilità ai tuoi sogni, e li macchi indelebilmente con la noia del tuo realismo, che a ben guardare è un pessimismo lavato con un pessimo candeggio.
Non te ne accorgi, ma hai smesso di dare una chance ai tuoi sogni. Li blocchi, ferocemente attaccato a tutto quello che hai.
La vita ti scorre addosso, accetti lentamente che ti levighi, come un sasso. Cambi sempre meno, accetti che anche gli altri lo facciano. Resti sulle tue posizioni, ti fidi delle opinioni di altri, guardi passare le occasioni.
Dai la colpa a un figlio, come se un figlio potesse portare le tue colpe davvero. O a un destino, che immagini molto impegnato a fottere proprio te.
Di notte leggo, studio, scrivo. Adoro il silenzio della casa vuota. La pesantezza degli occhi. È il mio modo di combattere contro il tempo. L’antitesi della fretta. Perdersi dentro un libro, una storia, scrivendo racconti o poesie che nessuno leggerà.
Non ricordo esattamente quando ho iniziato a farmi un idea che questa vita sia da vedere più come unica che corta.
Il tempo passa veloce, oppure non passa mai. La vita è corta se non fai quello che vuoi davvero.
Ma resta, resterà, sempre unica.
Non puoi cambiare la tua vita con quella di qualcun altro. Non funziona. È un sogno da bambino, in un corpo da adulto.
Puoi però incominciare, ci vuole tempo, ad ascoltare i cambiamenti, come fossero onde, che arrivano a riva.
E decidere di non spaventarti.
E decidere di provarci.
Stasera non leggo, non scrivo. Resto al buio, seduto ai piedi del letto di un bambino di quattro anni. Che, a giudicare dal respiro, sta facendo un sogno di pace.
Bevo piccoli sorsi di rhum. Quasi lo volessi fare sottovoce.
E penso.
Pensare in silenzio, senza fare niente, è un’altra cosa che hai smesso di fare.
Hai comprato una televisione, facebook, whatsupp, hai tutto quello che ti serve per non sederti mai da solo, a pensare.
Eppure, pensaci, provaci, la vita che stai vivendo è unica. Hai solo questo tentativo. Sei sicuro di volerti giocare le tue carte così. Sei pronto a perdere l’amore della tua vita, per salvare la noia del tuo destino?
Sei pronto a non accettare una sfida, per giustificare le tue paure?
Ti hanno insegnato che resiste al mondo il più forte.
Ti hanno insegnato male.
Resiste il più duttile.
Quello che si adatta meglio al cambiamento.
Ma tu vuoi esistere o resistere?
Mi chiedono spesso, persone diverse di importanza diversa, della felicità di mio figlio.
Come se tutte le mie scelte fossero legate alla felicità di un bambino.
Ci penso molto, questa notte ho deciso di pensarci a fondo.
So che non lo abbandonerò. Mai. Mi costasse la vita.
So che voglio educare un leone, come il padre.
Che impari a perdere, a vincere, a ridere e a vivere. Tutto con la stessa leggerezza.
Che non rinunci a nulla. Mai.
Ti chiederai solamente, tra molti anni, quanto hai amato.
Sarà l’ultima feroce domanda.
Non quanto hai sopportato, tollerato, mal digerito.
Quanto hai amato.
Perchè non lo hai fatto? Per tuo figlio.
Hai confuso la tua vita con quella di tuo figlio, quindi.
Bene.
Il primo che non hai amato sei tu.
Pensavo a questo.
Lo ascolto russare.
Ho appena finito di leggerlo.
Commento a caldo.
Scrivi delle cose davvero profonde, saresti bravo come professore.
Tu quindi non rinunci a nulla?
Sai cosa si dice a casa mia? Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna. Io ho smesso di rinunciare. Trova persone che non rinunciano, faranno la tua felicità
Leggo e rileggo questo pezzo da giorni..
E continua a venirmi in mente una frase di un film che ho visto qualche sera fa, un film di surf, amore e libri..
Un film in cui il protagonista, un ragazzo intelligente ed estremamente colto, ad un certo punto, urlando di rabbia e frustrazione, guarda sua madre e le grida contro
“E adesso che sono intelligente come te mamma, adesso che ho letto così tanto da saperne sempre più degli altri, adesso che grazie alla mia intelligenza non rispetto più nessuno, sei fiera di me mamma?!”
C’è sempre un confine tra il non rinunciare alla propria felicità e il calpestare quella altrui.. dove sia realmente questo confine io non lo saprei dire.
Forse, però, sta negli occhi di chi ti è davanti.
ho imparato una cosa, giocando a rugby.
te la racconto più avanti