Il mare di qui ha visto il tempo degli uomini passare lento, ma passare, per Dio.
Per questo il mare di qui ogni tanto ruggisce, rabbioso, nelle grotte sotto le insenature, portando via storie di uomini e donne, goldoni, mozziconi e fogli di carta.
Quando il mare di qui si arrabbia, restano tutti in casa in mutande, a guardar la televisione o leggendo pigri romanzi trovati per caso sulle bancarelle.
Tranne i pescatori, e tranne me.
Che non sono un grande pescatore.
Però il mare lo capisco.
E scendo fino al piccolo molo, per buttarmi verso gli scogli.
Resto solo come un deficiente davanti agli scogli, a sentire la pancia del mare tirarmi verso le rocce e poi portarmi al largo, sotto la sottana.
Io non ho mai avuto paura di nessuna tempesta. Lo capisco il mare di qui.
Ha visto troppe cose per non essere uno rabbioso. Chiunque, nella sua condizione, farebbe lo stesso, anche per molto meno.
A veder certe cose, anche il più buono degli uomini si incazzerebbe parecchio.
Pensa al mare, che nella maggior parte dei casi non può nemmeno intervenire.
Non è intervenuto in tutti quegli anni in cui uomini avidi e pavidi hanno abusato delle coste.
Non è intervenuto nemmeno quando ha visto buttarsi via una intera generazione.
Povero il mio mare di qui.
Con una burrasca annunciata dal vento caldo di mare e dalle minacciose nuvole piatte e nere al largo, ho aspettato che arrivasse sera. Che la spiaggia si svuotasse di tutto questo frastuono.
Che anche l’ultimo bagnino andasse a cena.
Mi sono arrampicato dietro al molo, sugli scogli, ascoltando il ruggito rabbioso crescere insieme al vento.
Acqua nera su cielo nero.
E mi sono buttato.
Mi fido di questo mare.
Fino a oggi mi ha sempre buttato sulla spiaggia.
Ho aspettato che mi digerisse verso il largo, dentro una corrente fredda.
Non ha pietà dell’uomo questo mare.
Guardavo, boccheggiando, l’ultima barca entrare in rada.
In mezzo alla sottana del mare in quel punto preciso dove tornare è un attimo ma anche rimanerci è questione di secondi, ho iniziato a bracciare forte verso riva.
Senti le braccia che tirano, il fiato che manca, la testa che pulsa, sana paura.
E pensi: grazie Dio.
Non sono dio.
Ha risposto.
Sei il mio mare
Di tuo non hai un cazzo se non quell’esagerato naso acquilino.
Sei scontroso
Mi sono rotto il cazzo.
Di cosa?
Di tutto
Degli uomini
A vederti boccheggiare mi rende felice
Sto per morire forse
Morirai per altro non per mare
Perché
Perché sarebbe troppo poetico.
Boccheggio davvero
Mi si ingrossa la cappella a sentirtelo dire
Non è una frase che il mare dovrebbe dire
Fottiti ridicolo umano.
Increspando sono uscito. E sono rimasto sulla sabbia fradicia a sentire tutto quel rumore e quella rabbia.
Certo a saper che era così, non avrei fatto domande