– Sembrano passati secoli
– sono passati secoli
– meno di tre anni
– in mezzo a questi anni sono passati secoli, davvero.
– L’ultima volta, sei andato via, rivestendoti di corsa. Sembrava volessi scappare da qualcosa.
– Avevo caldo probabilmente.
– Dovresti venire a trovarmi d’inverno, allora.
– L’inverno lo passo in letargo o a innamorarmi di cose che poi mi uccidono. Per Dio, ci morirei, di quelle cose li. Ma poi a rimettere insieme i pezzi, arrivo sempre a giugno.
– Come ci siamo conosciuti?
– Credo mi incuriosisse sapere se la tua voce era accompagnata da un culo poderoso. Così, perlomeno, sospettavo, quando ti ho conosciuta al telefono.
– Sei venuto fin qui per questo?
– Si, e non mi sono sbagliato. E ho guadagnato due grandi cose.
– Non essere volgare.
– Mi riferisco alla strada per arrivare, che in terza, con un filo di gas è quasi meglio che fare l’amore. E a una conferma del fatto che io non mi sbaglio mai.
– In questi tre anni mi hai pensata?
– Succede a tutti gli uomini, di voler tornare dove non hanno pianto. Sono animali semplici, gli uomini. Tu mi hai pensato?
– Mi sono molto innamorata di come venivi, ti spogliavi, mi buttavi addosso tutto quel disordine, e ti rivestivi, come se nulla fosse. Nessuno lo ha fatto, mai. Questo mi è mancato moltissimo. Ma poi ho trovato altri uomini, più buoni e comprensivi.
– Sei qui sola a bere. Non mi sembra che la bontà e la comprensione ti abbiano portato via da dove ti ho lasciata.
– forse hai ragione. Tu dov’eri questi tre anni?
– A buttare via tutto, e poi a rimettere tutto insieme. Un lavoro stupendo.
– Parli sempre per metafore.
– Ho fatto davvero quello che dico. Spogliati, adesso.
– Sembri molto più sicuro.
– Fa meno caldo.
– Sono invecchiata, ho paura della mia nudità.
– Ho un’amica, che amo come una sposa novella, che ha trovato una soluzione. Prende la bellezza tra le mani, la chiude con il gesso, e te la tiene appesa a un muro. Il tuo culo invecchia, implacabilmente, e tu resti appesa a quell’immagine, insieme ai tuoi ricordi.
– Beviamo insieme del vino, ho davvero paura del resto.
– Sai una cosa che ho imparato in questi tre anni?
– Hai avuto del tempo per imparare?
– Moltissimo. Ho imparato a leggere senza ricordare. E a ricordare senza leggere. Ho imparato a perdonare senza dimenticare. E a dimenticare senza perdonare. A nuotare 45 metri senza respirare. A fidarmi del mio naso, che non solo fiuta, ma decide. A scrivere meglio, e a scrivere peggio. A dire grazie, al posto che ti amo. Che spesso la gente si confonde. Ho imparato ad essere figlio, e a essere padre, nello stesso tempo. Conto i miei difetti, adesso, senza sentirmi in debito con nessuno. Sto meglio. A volte.
-…
– ma una cosa che ho imparato è più importante delle altre: passiamo molto tempo a ricordare e ad avere paura. Non serve. Ma, poi lo capisci da vecchio. Fidati, non serve avere paura.
– Sembri un poeta, me lo ricordavo.
– io ricordavo pompini da campionato europeo. Resti sempre in classifica? Posso avere una rinfrescatina?
– Sei sempre uno stronzo…
– Le cose migliori non le cambio…
–