Suocere

La placida nonnina, tinto biondo, occhiale a maschera e copri costume con strani disegni psichedelici , sicura ereditá di qualche figlia tossicomane, si siede da due settimane tutti i giorni nell’ultimo tavolo a destra. La cosa non mi disturba affatto.
Una silente convivenza.
Io nel tavolino di fronte.
Nessun problema, un educato scambio di buongiorno, buon pomeriggio e arrivederci. Quando il Piccolo arriva correndo, sorride compiaciuta. Mio figlio ispira compiacimento. Ogni tanto lo accarezza sui capelli, materna come solo una nonna può essere. Al Piccolo le vecchie fanno fastidio. Le carezze fanno fastidio. Le vecchine che accarezzano lo mandano fuori di testa. Quindi scappa.
Io fumo. Ho scelto questo posto con criterio. Posso essere un discreto spacca coglioni in queste cose. Il tavolo è esposto al sole, posso ordinare il caffè stando seduto, vedo il Piccolo senza alzarmi, ed è uno dei pochi coperti dal rumore di zarri e discoteca, grazie al muro del bar.
Si vede che il caldo, si vede che l’umiditá, si vede che oggi doveva andare così, la vecchina mi ha dichiarato guerra. Prima timidamente, con pungente disapprovazione al mio lasciare che il Piccolo ciondolasse nudo in giro. Poi con plateali gesti di disapprovazione per il fumo della mia sigaretta.
Attacchi che ho deciso di ignorare. Oggi tutte le donne della mia vita mi hanno dichiarato guerra, simultaneamente. Ignorare, restando fermo al sole, funziona per le lucertole. Non vedo perchè non dovrebbe funzionare per me.
Inoltre lo Stato in cui viviamo consente di corrompere funzionari pubblici, evadere le tasse e fumare in pubblico. Sul girare nudi a tre anni, non credo ci siano delle leggi. Ma non trovando il costume da bagno, ritengo accettabile che succeda.
L’attacco frontale avviene alle 15.34, Orario atlantico, fuso di Roma. La vecchina si alza, mostrando anche un interessante processo di incartapecorimento del seno, che sembra abbrustolito e secco e mi punta a passo svelto. Ci dividono due metri lineari, cinquant’anni, e sei gradi di colore sui capelli.

– non vorrei far da suocera, ma senza crema, col sole di oggi, rischia di bruciarsi le spallucce, piccola bestiolina.
– dice a me?
– si.
– signora, la ringrazio, non metto creme.
– dicevo la creatura
– ah. Credo che sua madre abbia qualcosa. Ma al momento ignoro dove sia sua madre.
– disgraziato. Si brucia.
– succede. Succedeva ai suoi tempi. Non avevate mica la protezione 50, eppure avete tirato su generazioni grandiose, negli anni 50
– io ho 55 anni
– ha mai messo la protezione 50?

Andandosene ha manifestato tutto il suo disprezzo guardandomi dritto negli occhi.
Povera nonnina. Arsa dal sole, ne dimostra settantacinque. E io, sopra i quattro anni, non so definire l’età di una donna. E oggi rispondo acido come il lime spremuto. Rimedierò, forse, domani, offrendole un tamarindo. Credo che sia questo il beverone che si ciuccia tutti i santi giorni.

Non ho una suocera. Ne avessi una, sarebbe, sicuramente, una relazione problematica. Lo so di mio. Sono spigoloso, spacca cazzi, rude e odio le intromissioni nella mia vita. Soprattutto quando sto leggendo il giornale in spiaggia.
Non ho mai pensato veramente al problema. Ho conosciuto la madre della donna che ho sposato, e ho trovato adorabile l’amore incondizionato che mi ha dato fin da subito. È stata gentilissima, dolce e molto comprensiva. Quando la malattia ha preso anche la ragione, in una delle serate interminabili che facevo nella stanza d’ospedale, le ho accarezzato una guancia e la ho ringraziata. Baciandola leggermente, per non dar fastidio alla morfina.
Quella prima, di suocera, aveva il pregio della sincerità. Le sono stato sul cazzo dal primo momento, e dal primo momento me lo ha fatto capire. Una gran donna. Tutta d’un pezzo.
Una, una volta, mi ha lanciato un rotolone di Asciugoni Regina adosso, minacciandomi di morte se avessi ancora fatto soffrire la figlia. Che, per dovere di cronaca, nel mentre era impegnata a leccarsi le ferite del nostro ultimo litigio con un amico. O a leccare direttamente l’amico.
Una, adorabile donna, aveva iniziato il progetto di sostituirsi a mia madre, appena morta. Una missione resa facile dal fatto che io cercassi di essere in casa loro il più possibile. A onor del vero, presenziavo con costanza per quel discorso del passaggio dalla teoria alla pratica che nel sesso è abbastanza importante. Ma lei cucinava per me, mi stirava le magliette, mi ascoltava e mi suggeriva i libri. Cose che mia madre aveva smesso di fare circa dieci anni prima. Ai vizi ci vuol poco a riabituarsi. A lei devo Baricco e Pennac. A sua figlia devo molte altre cose. Bella famiglia.
Una aveva deciso di amarmi fin da subito. Fin da subito significa che, nel momento in cui aveva deciso di amarmi io accompagnavo a casa la figlia, per il semplice fatto che era sulla strada di casa. A furia di darle passaggi, e di sentire questo amore incondizionato della madre, mi ero anche deciso a fermarmi a cena. A furia di cene, passaggi e amore materno, mi ero anche deciso a scoparci. Sul letto materno. A furia di tutto questo siamo anche finiti insieme per un po’. Ma, nonostante la madre tifi per me ancora oggi, lei è sposa di un adorabile commercialista che sembra Winnie The Pooh, più grasso e meno sicuro di se.
Una, la migliore, aveva deciso di essere mia amica. Probabilmente per scroccare a furia di chiacchierate la verità su quella figlia così chiusa con i genitori e così aperta con quasi tutta la Facoltà di Scienze Politiche, che non parlava mai e rincasava sempre troppo tardi.
Girava una battuta su di lei.
– Sai la differenza tra una ciellina e Veronica. La ciellina prende trenta, Veronica ne prende trenta.
Risate compiaciute del gruppo, in cui i due o tre che non si erano passati Veronica si sentivano davvero indietro.
Ovviamente le raccontavo tutto. So essere amico delle donne io.

Inevitabile pensare a mia madre. Sarebbe stata una buona suocera. Per dire, aveva bigodini enormi e colorati, copri vestaglie con fiori esotici e ciabatte di plastica con la pianta anatomica. Aveva anche quegli occhi, che mi ha regalato, che sembra sempre che siano tristi. Si sarebbe divertita a trovare il filo conduttore di tutte le donne della mia vita. Avrebbe riso, con la sua risata rumorosa, e forse lo avrebbe accorciato di un bel po’, quel filo.
Avrebbe amato il Piccolo, accarezzandolo in testa e dandogli la protezione 50. Gli avrebbe comprato i giochi didattici della Montessori, gli avrebbe vietato tutte le cose buone dell’industria alimentare, tollerando contro voglia un bicchiere di Cola come premio. Lo avrebbe portato in chiesa spesso, ma questo lo fa il nonno in ogni caso. Li, sull’ultima panca, è stato insegnato al Piccolo a salutare la nonna che sta in cielo. Gli avrebbe messo quelle ridicole tute da sfigato con cui sono cresciuto e i calzettoni di cotone bianchi, che tanto mi hanno fatto soffrire, ma che a detta sua erano molto igenici.
E forse, sedendosi al mio tavolino, spostando il giornale, mi avrebbe detto quelle cose che solo una madre saprebbe dire oggi. Perchè prima di esser suocera, sarebbe stata madre.

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