Dell’influenza mi piacciono parecchie cose. La prima, forse la più importante, è la possibilità di compiangersi, fino quasi a farsi pena. Dio come mi piace. Mi piace tutto, girare per casa con la felpa, i capelli unti e accartocciati, un manipolo di Scottex rinsecchiti, i calzini che potrebbero tranquillamente camminare verso la cesta del bucato da soli, il pigiama maleodorante e quella fottuta, geniale, libertà di azione che solo la febbre alta ti sa dare. Guardare il palinsesto del mattino, trovandosi interessati nel sapere che hanno aperto un centro di accoglienza per i lupi marsicani, osservare l’oscillazione dei prezzi delle pentole con fondo in ceramica nelle televendite, fermarsi davanti al frigo per scegliere di mangiare solo cose grasse. Bere the caldo a tutte le ore, disseminando briciole di Oro Saiwa per tutta la casa.
Credo, da un punto di vista meramente legale, sia anche concesso di emanare fiati, da qualunque sfintere, senza pagare le conseguenze sociali che normalmente paghereste. Insomma, rutto libero, e non solo.
Ecco.
Tolti i capelli unti, l’odore nauseabondo dei calzini e la pila di Scottex (mi sono messo il rotolone direttamente sul letto), non ho potuto destreggiarmi con il resto. Intendo il televisore e il frigo.
Non possedendo il primo e avendo il secondo pieno di rhum e acqua, ho pensato di adagiarmi sul piccolo divano di pelle e compiangermi in modo alternativo.
Io faccio due grandi influenze l’anno. Le grandi influenze si distinguono dalle piccole influenze, dal punto di vista medico scientifico, per la presenza di sintomi medici chiari. Le piccole influenze, ne farò una ventina l’anno, non sono riconducibili a nessun sintomo conclamato. Semplicemente mi adagio nel letto, sospirando e aspettando che morte mi colga. Solitamente la febbre, nelle piccole influenze, non supera i 36.2.
Questa, questa qui di questi due giorni intendo, è una grande influenza. Abbiamo avuto anche testimonianze da parte del termometro di febbre fino a 38. Tosse, e a giudicare dalla quantità di Scottex consumato anche un notevole ammontare di catarro. Adorabile. Stupendo.
Una delle cose che mi piace di più delle grandi influenze è la resurrezione. Quel particolare momento in cui decidi di smettere di essere malato. Esci dal letto, producendo sinistri rumori e rantoli, butti la felpa, il pigiama e i calzini, fai una doccia bollente, ti radi e di colpo sei un uomo nuovo. Perfetto. Scendi le scale di casa annusando il profumo di libertà, prendi il primo caffè al bar come se fossi uscito di prigione.
Una delle cose che mi piacciono di meno delle mie grandi influenze è che mi stanco subito a leggere e a scrivere. Posso solo, beatamente con lo stesso sguardo di un Bassethound, osservare il mondo intorno.
Un’altra delle cose che mi piacciono di più delle mie grandi influenze è la sordità. Divento sordo. Quasi completamente. Ed è uno spasso. Finalmente libero di ignorare per qualche ora il pedante starnazzare del mondo.
Dato che sono un uomo dalle mille risorse non spengo mai il cellulare. Rispondo sempre. Sempre. Io rispondo sempre. Da dieci anni. Però posso permettermi, durante le mie grandi influenze, di essere scorbutico, sordo, fastidioso, distante. Una figata pazzesca. Essere se stessi per quasi due giorni senza dover rendere conto a nessuno.
Ecco, questa è la prima grande influenza che faccio in questa casa. E devo ammettere, per dovere di cronaca, che alcuni elementi fondamentali per poter godere appieno di una grande influenza sono venuti a mancare. Ad esempio i piatti. Sono due giorni che mangio scavando nelle buste di affettato. Non bello da vedere. Subito a seguire la carta igienica. Credo di averla comprata, in un passato remoto. Credo anche di poterla ricomprare, in un futuro prossimo. A oggi, consumo Scottex.
Inoltre la mia presenza in uno spazio delimitato da muri genera entropia. E’ un dato di fatto. E’ quello che i maligni identificano come “disordine”. In verità è il mio modo sinergico di utilizzare lo spazio. Ecco, quando, bei momenti, possedevo una donna delle pulizie, queste permanenze casalinghe forzate non mi pesavano così tanto. Adesso, sinceramente, vivo nell’incubo di dover ripulire tutto questo incredibile bordello che ho generato. Il tavolo della cucina sembra tratto da un documentario sui sequestri. Giornali, acqua, medicine, sigarette, un Rolex (non mio, credo), lucido da scarpe e uno scontrino di Zara (non mio, credo). Il letto sembra un’installazione neorealista tedesca. Uno stuolo di mutande, magliette, un iPad, un computer, tre rotoloni di Scottex, una decina di Scottex secchi, due bottiglie di acqua vuote e, inspiegabilmente, una bolletta del Gas.
Ecco, sulla resurrezione, questa volta, credo di essere meno entusiasta.
Life is short fritz, do not let a flu fuck you!
PS: “possedevo una donna delle pulizie” in senso, ovviamente, figurato. Non ho mai sognato di possedere la donna delle pulizie, in senso biblico. Mai. Giuro, mai.