nemmeno un discorso del Teo

 Un sabato come tanti. Nel mondo adesso, mentre scrivo, dovrebbero raggiungere l’orgasmo circa 759.000 persone. Nello stesso momento qualcuno sta guardando la pioggia sul mare, qualcun altro è seduto su una seggiovia, qualcuno sta scrivendo su un blog, su un diario. Qualcuno si sta dando il primo bacio, qualcuno sta piangendo, qualcuno tira semplicemente avanti. Io non faccio nessuna di queste cose. Mi limito a stare seduto davanti al computer, inebetito, a cercare un disco giusto per scrivere. La musica. Sono reduce fresco da un funerale. Non era il mio, la cosa mi solleva solo in parte. Il solito servizio completo di lacrime, fiori, abbracci e un sacco di parole dette per riempire vuoti che starebbero benissimo in piedi da soli. Ripropongo a me stesso di ascoltare qualche parola del prete, ma come al solito mi trovo a fissare la bara. I fiori sopra, più colorati possibile, il bordo dorato sul finto legno pregiato. Mi ritrovo così alla fine del funerale, zitto e immobile, a chiesa semivuota. Passa il mio amico. E’ suo padre. Più esattamente il compagno di sua madre. Non so se la cosa faccia degli sconti alla sofferenza. Sto zitto. Non parlo per una precisa ragione. A un uomo arrivato in paradiso, San Pietro chiese di scegliere se avesse voluto restare o andare  all’inferno. L’uomo passeggiò per il paradiso, un luogo azzurro e asettico, silenzioso e solenne. Chiese se gli fosse stato  possibile dare un’ occhiata all’inferno. San Pietro acconsentì. L’uomo, entrando all’inferno trovò il Piacere, il Godimento, l’Assoluta Lussuria. una grande festa, sfrenata e assoluta. Ritornato in paradiso passò qualche giorno prima che riuscisse a chiedere a San pietro se fosse stata  possibile un altra visitina. San Pietro disse che non era possibile. L’uomo avrebbe dovuto scegliere. O su o giù. L’uomo, memore di tanto divertimento, scelse senza dubbio l’inferno. Entrato fu preso da un  diavolo, fu castrato, violentato. Gli fu tagliata la lingua e iniziò a soffrire le più atroci e distruttive pene. Tra un gemito e un urlo chiese al diavolo come fosse possibile tutto ciò. Lui aveva visto cose davvero diverse. Il diavolo sorrise e gli disse: "c’è una bella differenza tra turismo e immigrazione". Per questo sto zitto. Non sono un turista della sofferenza, purtroppo. Sono immigrato, troppo presto e in malomodo. Mi lecco ancora qualche ferita. Per questo sto zitto. Non parlo di dolore, non parlo di sofferenza. Seguo il corteo fino al cimitero. In macchina penso di volere bene a questo mio amico. Lo penso e sto zitto. La mercedes grigia arriva al cimitero. Fiori e mercedes. Poi la terra.  Si spera tu stia andando a stare meglio. Io, mi allontanto, causa anche una molesta presenza che dal passato, dove avrebbe dovuto rimanere, ripiomba nel presente, ricordando un futuro che per me è più che un congiuntivo. Vorrei avere le parole per dirlo a lei. Che scherza, qualche battuta per ricordare tre anni. Per rianimare una confidenza che non voglio avere e che tengo, costretto dalla situazione. Vorrei fare una cosa solo. Abbracciare il mio amico. Ma non c’è tempo. Il ritmo è serrato e io sempre più indisposto dalla situazione. Me ne vado senza salutare, piano piano verso la macchina. Sento ancora più freddo. Nelle ossa. Ripenso a mia madre. Fossi capace di piangere lo farei. Fossi capace. Mi viene questa faccia da ebete, un misto tra Gattuso e Vieri, senza i loro locali e con qualche neurone meglio disposto. Mi metto alla finestra. Voglio provare a stare zitto ancora un po’. Se c’è una cosa che mi consola, è che lei è li, mi aiuta e mi guarda. Lo sento. Ecco, forse avrei dovuto dire questo al mio amico. Ma sono rimasto zitto. Voglio prenderla tutta, la vita, il futuro, prenderla e mangiarla. Il futuro. anche rivendendo un passato, mica troppo remoto, ma davvero poco indicativo, mi accorgo di non provare rancore. Stasera mi ci vorrebbe un discorso del Teo. Uno di quei grandi ragionamenti sulla vita, sull’economia e sul mondo, che solo il Teo è in grado di produrre. Mi farebbe sorridere come al solito e mi farebbe pensare quanto sia bello avere intorno solo amici che fanno fatica con il congiuntivo, che sono la migliore spalla per il presente.

2 pensieri su “nemmeno un discorso del Teo

  1. Ma quanto sono cazzone!ancora non ricordo la password per postare.
    Va bè….cmq ti giuro che a proposito di passato oggi alle 19.05(due min dopo la pubblicazione del tuo post) mi si è smanietizzata la scheda del cell. perdendo tutti i numeri ma soprattutto tutti i messaggi!!! non si può bestemmiare vero?! Ancora una volta costretto per non smadonnare a cambiare la scala dei valori, cioè invece di star lì a pensare che avevo un messaggio da sei anni di una persona fantastica(porco…….!) o che altri tre o quattro mi emozionavano ad ogni rilettura(dio……!) penso che non sia successo niente,che 10 anni fà si viveva di ricordi anche senza un cellulare del cazzo della madonna……..!! E poi hai ragione non ho rimorsi e sto bene per questo. Insomma se me li merito riceverò altri messaggi fighi come “caro willy mille punti” uno dei pochi ad essersi salvato perchè memorizzato casualmente nel tel. e non sulla scheda. Ma a parte tutto cambiare scala di valori come diceva Weber ti fa capire che ci sono situazoni peggiori come quella del tuo amico(che dal titolo fino alle ultime tre righe sembravo io, poi mio padre è entrato in camera e mi sono tranquillizzato.)oggi, dove quando perdi all’improvviso alcune persone sai di certo che anche se te le meriti non torneranno mai….almeno penso! buona notte e chiamami cosi riavrò il tuo numero!

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