Mi è capitato, in questi ultimi due giorni, di avere la sensazione di passare la maggior parte del mio tempo sul motorino. E’ così quando fa freddo, il tempo sembra non passare mai. In verità ho fatto una trentina di kilometri, i soliti spostamenti del fine settimana, ma mi è sembrato di aver vagato per i campi del Tennessee, per giorni, avendo patito la sete e la fame.
Ho cercato e desiderato terribilmente questa solitudine, ne avevo bisogno dopo un periodo di stordimento e fretta. La fretta non mi fa bene, sono uno lento, uno di quelli che preferisce la moka, solo per il gusto di svitare la base, pulire il filtro, riempire fino alla guarnizione, chiudere, mettere sul fuoco, bassissimo, e aspettare quella manciata di minuti fino al gorgoglio. Sono lento nelle cose che amo, e veloce nelle cose che devo fare per vivere. Uno ying e yang che non funzionano a lungo, se non bilanciati. Mi era sembrato di aver perso la bilancia, così mi sono chiuso in una dorata solitudine, in cui mi è sembrato, appunto, di aver passato quasi tutto il mio tempo di veglia sul motorino. Al gelo.
Ho evitato la maggior parte delle persone, ma questo lo sto facendo da un pezzo. Con la scusa di rimuovere persone tossiche o inutili, ho ridotto di molto la mia lista di persone da vedere. E, quasi sicuramente, credo che questa sia una delle mie più grandi vittorie personali.
Ho lasciato che le mie abitudini controllassero un pezzo delle mie ore di solitudine, perchè alle mie abitudini devo molta della mia serenità. Così ho comprato quei boxer a righe che volevo comprare, uguali a tutti i boxer a righe che ho, e anche un maglione, identico agli altri maglioni.
Volevo iniziare questo racconto, romanzo, questo secondo capitolo del mio raccontarmi, che non ho capito se si chiama Venerdì o Levante, e mi sono trovato a piangere, da solo in soggiorno. Sui ricordi, e sul futuro.
Un personaggio di Venerdì è quest’uomo, che vive sul mare, a Ponente, e che non ha ancora un lavoro e nemmeno un colore della pelle o degli occhi, ma ci serve per accompagnarci in una riflessione gigante sulla nostalgia dell’amore vero. Lui torna, da anni, sull’unico amore, da ragazzo, con Erika, una bambina francese in vacanza al mare in Italia. E lo fa comprando gelato alla vaniglia, quello che Erika mangiava mentre stava con lui.
E insomma, di questo week end mi ricorderò la mia prima volta seduto con i miei demoni, senza scappare, senza tutte le mie perfette cazzate che mi hanno sempre sostenuto, il freddo ai coglioni in scooter e la nostalgia dell’amore.
Che poi sono cose collegate.