In questo periodo quando chiudo gli occhi, per pregare, sorrido e poi subito dopo piango. Mi immagino seduto su un baratro, sento anche il vento, tu ti butteresti giù, mi chiedo. Non mi rispondo e poi riapro gli occhi con il fiatone.
Forse una delle donne più stupide che ho conosciuto una volta mi ha detto che scrivo per scopare, io per darmi un tono le ho risposto che scopo per scrivere. Una conversazione tra due deficienti. Forse uno degli uomini più intelligenti che ho conosciuto, mi ha detto che scriviamo per leggerci.
Una volta ho letto che ci si innamora tre volte nella vita. Ho provato, l’altra notte a Bangkok, seduto nudo nella mia stanza, a ricordarmi tutte le volte che mi sono innamorato. Ho solo aggiunto: per davvero. E ho pianto, perchè non lo so nemmeno io. Forse una volta sola. Mi sono seduto, nel buio della stanza, nudo, a respirare. Ho provato a sentire la prima emozione che veniva a galla.
Paura. Pura paura. Respirare la paura è un rischio calcolato. Smetti e scappi, è normale. Sono rimasto lì, fino a quando non mi ha fatto male. Un dolore tra le costole, una roba fisica, che a volte pensi di aver bisogno di un posturologo, invece hai bisogno solo di amore.
Da quanto non ti senti amato, mi sono chiesto. Ho ricominciato a piangere. Se uno muore, da queste parti del mondo, sono abbastanza convinti che poi rinasca. In una forma che è data dal suo comportamento in questa vita. Tutti, qui, sognano di rinascere farfalla. Ma le farfalle campano tre settimane, se non ricordo male. E io non vorrei mai diventare cibo per gazze e piccioni. O alla meglio finire in una teca di un anziano signore, imbalsamato lì per sempre, e addio alla prossima reincarnazione.
Non rischio molto, perchè per come mi sto comportando, potrei rinascere lucertola, forse al massimo formica. Smettila di scherzare, rispondi: da quanto non ti senti amato?
Ho smesso di piangere sotto la doccia. Funziono così, adesso. Mi lavo e mi vesto di una maschera piacevolmente studiata per guardarsi nello specchio e perdersi nei piccoli dettagli. Ho avuto un amore, una volta, cento vite fa, a cui piaceva stare nuda sul letto a parlare guardando il soffitto. Poi, sempre, si arrabbiava per qualcosa, si alzava e andava a fumare sul balcone. E io restavo nudo in silenzio a capire cosa fosse quella roba lì. Poi mettevo una maschera, e finivo ciondolando sul balcone.
In questi giorni in Cina non mi chiama nessuno, non mi scrive nessuno. A parte la banca. A questa Marianna, che deve essere giovane, felice ed aggressiva, piace continuare a scrivermi. E’ ovvio che la situazione è drammatica, Marianna. Sentirci continuamente non può che confermare che tu non farai mai carriera e che io non diventerò mai ricco. In aeroporto guardavo un paio di scarpe lucide, nere, bellissime, e pensavo che io non mi compro un regalo da una vita.
Prendo un volo che ha tutta l’aria di essere uno di quelli in cui puoi dire: meno male che siamo atterrati. Mi addormento. Faccio un sogno strano. Mi sveglio. Alla dogana non hanno fretta, è notte fonda. Arrivo in hotel alle tre. Sulla strada ci sono delle puttane. Sono stanco. Fumo guardando un leone tatuato sulla gamba di questa ragazza bionda, ha delle scarpe bellissime. Mi manda un bacio. Le sorrido e dico: non posso andare a puttane, ci sta già andando la mia vita. Il mio collega, che poi è il mio capo, ride. Alle quattro sono sveglio, in camera, con le luci dei grattacieli dentro la stanza.
Quanto tempo è passato da quando una donna non mi desidera per davvero, penso.
No aspetta. Rispondi prima a questa: quanto tempo è passato da quando hai iniziato a sbagliare.
Rispondi a questa.
Mi sveglio alle sei. Faccio una doccia. Indosso la mia maschera. Faccio colazione con delle uova guardando un peluches vestito da Babbo Natale.
Ti sei accorto che la vera domanda non è quale delle mille volte sarai stato innamorato, ma la vera domanda è quanto tempo è che non ti innamori di te.
Almeno tu, vecchio Franz.
Mi alzo e vado a fare una fila di riunioni che non sapevo nemmeno di poter tollerare, tutto per dire a Marianna che con calma, tra qualche mese, avrò due spiccioli per pagare i miei debiti.
Almeno tu, vecchio Franz.
Ho deciso, stasera, sdraiato nudo sul pavimento della stanza, di non uscire a cena, di non parlare con nessuno, di scrivere un libro nuovo, di chiedere scusa.
Stasera non piango. Scrivessi per scopare, scoperei davvero poco. Invece provo a leggermi.
Almeno tu, vecchio Franz.