La fioritura delle magnolie (dizionario della meraviglia)

La prima volta in cui mi sono accorto delle magnolie in fiore era un sabato di aprile. La domenica avremmo votato per le regionali, mantenendo intatti orgoglio e certezza della sconfitta, per me sarebbero state le prime elezioni, il primo voto, la mia prima volta.

Sono stato lasciato da Gaia il venerdì pomeriggio, ma come poi sarebbe successo molte altre volte, ci ho messo un po’ più tempo a capire e ho realizzato sabato mattina che, in effetti, ero rimasto solo. Il giorno prima delle elezioni, ma peggio ancora, a pochi passi dalla prima estate insieme, da soli.

Mi ero seduto davanti a casa sua, come potesse servire a qualcosa, e avevo sentito quel profumo incredibile venirmi da sopra la testa. Ecco le magnolie in fiore, in mezzo alla città. Non le avevo mai viste, mai sentite, mai avevo capito.

La meraviglia.

Succede così, la meraviglia. Non lo sapevi prima, lo sai, ed è bellissimo.

Quasi quindici anni dopo, lo stesso giorno di aprile, alla fine del pomeriggio, è nato il Piccolo. Sono uscito nel cortile dell’ospedale per fumare una sigaretta, e ho trovato le magnolie in fiore. Mi sono ricordato della meraviglia, e ho aggiunto il ricordo a una meraviglia ancora nuova. C’era odore di bagnato, nel cortile, e il sole stava scomparendo dietro a uno dei padiglioni, illuminando solo la punta dell’albero. Alla sera ho preso la moto e sono tornato a casa, sentendo l’aria calda sulle braccia e le vibrazioni del due cilindri.

La meraviglia.

La meraviglia raccoglie quello che c’è intorno, dettagli insignificanti, magari piccole cose che non avrebbero mai trovato spazio nella tua memoria, per metterle insieme. La meraviglia cucina tutto insieme. E così il vibrare godurioso del due cilindri e il sole caldo mi sono rimasti nelle braccia, nella testa, insieme alla magnolia, insieme a un figlio che nasce.

L’anno scorso, lo stesso giorno, era martedì, ho preso una strada sterrata che saliva a un santuario, con la moto che ha iniziato a slittare, ondulando come fosse una zattera.

Ho respirato il profumo del prato, l’odore del legno umido, mi sono accarezzato per togliermi la polvere dalla barba, ho appoggiato la mano vicino al motore per sentire il caldo, la fatica dei due cilindri.

Chi sono io, adesso? Ho pensato.

Non mi so mai rispondere.

Ma so di certo che ti ho cercata in un sacco di posti sbagliati, e non ho mai saputo ammettere che non trovarti fosse logico.

Alla fine di un sentiero, fatto di corsa, nelle gambe socchiuse di una donna, nel sorriso di un amico, su una spiaggia a fine stagione, dal finestrino di un aereo.

So dove non ti ho trovata. E so di aver bisogno di te.

Ultimamente corro. Mi sembra il palliativo migliore. Mi meraviglio delle mie gambe, di un panorama, dello scorrere del tempo.

Ma quelle magnolie in fiore, quello è stato davvero un inizio.

La meraviglia

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