Per un certo periodo tutti, a Zibello ma anche nelle frazioni di Case Rosse e Mulino, avevano seriamente pensato di fare la rivoluzione. O per lo meno una manifestazione. O, al limite, di bloccare la strada provinciale con dei bidoni dell’umido, per farsi sentire dal Governo Centrale. La decisione di lasciare il terreno davanti al distributore di carburanti a quelle cinque roulotte, arrivate nella notte tra il 12 e il 13 di settembre, e mai più partite, anzi vanno tenute anche da conto le tre macchine che si erano aggiunte e la tenda rossa piantata sul lato della farmacia del paese, insomma la decisione di lasciare che gli zingari fossero messi proprio lì, a Zibello, era evidentemente una dichiarazione di guerra.
C’erano seri dubbi che fosse stato Alvaro Fontana, sindaco di Fontananuova, paese da sempre in concorrenza e in battaglia con Zibello, sia per la produzione di prosciutto sia per la raccolta delle nocciole, fiore all’occhiello di Zibello, a chiedere al Governo Centrale che le roulottes e i loro inquilini fossero messi proprio a Zibello.
La tensione era tale che ci volle Roberto Goldi, figlio di Giulio Goldi, il primo che con le nocciole aveva fatto i soldi, adesso residente a Genova, sul mare, ma da sempre protettore di Zibello, e una riunione al Bar Luce, proprio davanti al distributore, per calmare le acque.
Alla riunione era stato invitato il sindaco, l’Alvaro Fontana, il Rappresentante del Governo Centrale, tale Ugo Chiozzi, e il prete del Santuario del Santo Ricovero, Don Lino, famoso per la tonaca sporca di fango.
A sorpresa, si presento Antioco Antonius Koedel, – chiamatemi pure Antonio – aveva detto, stregone del Circo degli Zingari e inventore.
Antonio disse : – ce ne andremo sei giorni prima di Natale, per essere, il giorno di Natale, sul mare. Prima di quella data arrecheremo meno disturbo possibile, a voi e alle vostre donne. Se volete, potremmo aprire il tendone del Circo e offrirvi diversi spettacoli di magia zingara, o aiutarvi nella raccolta delle nocciole, per sdebitarci del, va detto orrendo, spiazzo che ci avete gentilmente concesso –
Parla facile, aveva detto ad alta voce Don Lino. Le nocciole son già raccolte, il Circo è noioso, insomma non servono a niente.
Uomo di chiesa e fango, aveva risposto Antonio, se volete possiamo anche offrirvi le nostre invenzioni. Saprete bene che sono gli zingari ad aver portato le migliori cose nelle vostre terre. Ad esempio le vacche da latte, con le loro grandi mammelle, o i numeri arabi, o anche il colore rosso.
L’Alvaro allora rispose: ma che dici zingaro: i numeri sono arabi perchè vengono dall’Arabia. E tu non sei Arabo, sei zingaro.
Ma siamo stati noi, con le nostre carovane, a portarli a voi.
Vero anche questo, rispose il Roberto Goldi. E quindi cosa ci offri oggi?
Antonio si piegò, come se un dolore lo avesse preso alla pancia, poi si rimise in sesto e, guardando in alto, disse: oggi vi porto la compassione e lo stupore, due cose che abbiamo trovato tra le montagne della Mongolia, nei templi dove monaci pelati le coltivano da secoli, insieme alle erbe mediche e alla pace.
Ci volle un bel po’ di tempo, e parecchio vino rosso, per convincere tutti su questa questione. L’accordo fu, alla fine, di trovarsi la domenica mattina, dopo la messa, nel bosco di noccioli davanti alle stalle del Guaroli, per fare si che Antonio lo Zingaro potesse dare a tutti la compassione e lo stupore.
Lo stupore, aveva detto, serve ai bambini, agli innamorati, ma soprattutto agli adulti che perdono lungo i binari degli anni la voglia di aprire gli occhi.
La compassione serve a tutti, ma soprattutto agli uomini che sentono di essere già arrivati.
Che poi arrivati dove, non si capiva.
La domenica Antonio lo Zingaro si fece trovare con un piccolo tavolo e due sedie, nel bosco, e appena finita la messa tutto il paese si mise in fila per sedersi davanti allo zingaro e ricevere questa benedetta compassione e lo stupore.
Quello che è successo dopo è poco chiaro, perchè l’unico testimone attendibile, il Gino Verdelli, cronista dell’Eco di Piacenza, era talmente pieno di stupore per ogni cosa da aver deciso di smettere subito il mestiere del cronista per lasciarsi andare nei boschi.
Si sa che Antonio partì con la sua carovana, il giorno prescritto, per il mare.
Si sa anche che a Zibello aspettano gli zingari tutti gli anni, ma gli zingari non sono più tornati.
A Zibello hanno imparato a passarsi lo stupore, di padre in figlio, e la compassione tra sorelle e fratelli, tra vicini e vicine.
Sappiamo anche che Zibello non è mai entrata in guerra, dopo questi fatti, e che l’Albergo Postale è sempre aperto per chi ne ha bisogno.
E sappiamo che a Zibello è nato, sette anni dopo questi fatti, Germano Lanzi, figlio di Ettore, il lattaio.
La storia di Germano, e della sua idea di andare nelle montagne della Mongolia a prendere anche l’amore infinito, è un racconto troppo lungo e pieno di cose, per poter stare qui. Per questo, oggi ci basta di sapere che la compassione e lo stupore possono essere insegnati, anche lontano dalle montagne sperdute della Mongolia, e valgono ben più del più prezioso dei raccolti di nocciole.